Racconti

Prima dei romanzi, una serie di racconti: le prove narrative di Gianni Simoni prendono avvio una decina d’anni fa. Alcuni di questi racconti hanno fornito materiale per i romanzi scritti successivamente, altri – come i quattro che seguono – erano fino a questo momento rimasti inediti.
Carlo Petri, nei primi due, non è ancora in pensione, ma continua a svolgere le sue funzioni di giudice istruttore a Brescia. Il personaggio è già delineato nei suoi tratti essenziali, a partire dalla sua filosofia, tanto più convincente perché non tradotta in interventi espliciti del narratore, ma sempre richiamata nelle parole, nelle azioni, nello stile complessivo dei personaggi principali, e sintetizzabile nella convinzione che esista un gruppo, non numeroso, di persone il cui esser per bene consiste nel rispetto che hanno di sé e del proprio lavoro, e quindi per gli altri. Persone che è facile capire da che parte stanno, ma che vivono questa loro collocazione (ideale, politica): non la dichiarano, non la sostengono, e soprattutto non ne fanno – com’è spesso delle convinzioni politiche – un divisa che esclude quelli che non la pensano come loro. Badano ai fatti, queste persone, e la loro coerenza non è una cosa da dimostrare, ma una cosa che si fa. Ogni giorno. Non è la retorica dell’antieroe. E’ il convincimento che la società vien fatta ogni giorno da tutti, ma se va in una certa direzione – o si spera che vada – questo dipende da una parte dei suoi componenti. Non alfieri dell’altruismo o combattenti dell’emancipazione degli ultimi. Semplicemente convinti che la politica è prima di tutto esercizio quotidiano di attenzione civile. Un’attenzione che si ha – che alcuni hanno – non perché sia un dovere, ma perché non saprebbero fare altrimenti. E’ un costume, uno stile appunto, la scarsa diffusione del quale può spiegare molte cose.
Se dunque il profilo del personaggio è ben definito, si può osservare che il Petri che incontriamo nelle pagine qui proposte non pare ancora esercitare l’indiscusso ascendente su colleghi e collaboratori che i romanzi – ma già il terzo di questi racconti – ci abitueranno a considerare una sua caratteristica di fondo. In Uno sparo al crepuscolo e in Cronaca di un rapimento, invece, pur avendo il ruolo principale, Petri sembra spesso muoversi come un personaggio fra gli altri, indeciso a volte, non estraneo a dubbi e ripensamenti. Già portato comunque a non ridurre sempre i e in ogni caso la figura degli autori di un reato a quella del criminale: senza esplicitare motivi di critica sociale, né tanto meno nutrire velleità di redenzione, si direbbe convinto che i criminali veri siano altri, le cui condizioni non sembrerebbero in alcun modo giustificare scelte moralmente, se non penalmente, illecite. Di qui l’amarezza che a volte, a caso risolto, porta il giudice a dubitare d’aver scelto la professione giusta.
Non opera prima, in certo modo minore, quindi, questi racconti. Anche sotto il profilo della scrittura, nei primi due più incline a soffermarsi nella descrizione d’ambiente che a dispiegarsi nei dialoghi di cui gli altri (Una lettera d’amore e La chiave rubata) fanno largo uso, in ciò – oltre che nel mettere in scena i coprotagonisti, il commissario Miceli e la moglie Anna – anticipando l’andamento che sarà dei romanzi.
(secondorizzonte/c.s.)

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1. Uno sparo al crepuscolo
2. Cronaca di un rapimento
3. Una lettera d’amore
4. La chiave rubata

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