Gianni Celati, Romanzi, cronache e racconti, a cura di Marco Belpoliti e Nunzia Palmieri, Meridiani 2016, 1984 pp., 80 euro
È in libreria il Meridiano che raccoglie le opere di Gianni Celati, scrittore che molti di noi hanno seguito a partire dai romanzi stralunati delle Avventure di Guizzardi e della Banda dei sospiri fino ai taccuini d’appunti presi camminando, non importa se lungo il Po o in Africa…
Anche per chi non l’ha accompagnato in tutto il suo percorso, la figura di Celati resta legata a quella di Italo Calvino. Due scrittori apparentemente lontani, due modi di scrivere diversi: sommaria, giocosa, dissolutrice, sconclusionata, insomma rumorosa e carnevalesca la prosa di Celati, quanto ordinata, rigorosa, razionale, controllata (anche quando la partecipazione dell’autore si fa evidente) la scrittura di Calvino.
Eppure il legame che unì i due scrittori fu un’amicizia che, nonostante un quindicennio segnasse la differenza fra le loro età, non si può interpretare semplicemente come quella tra discepolo e maestro. Una consonanza profonda, piuttosto, un desiderio di confronto che si mantenne vivo negli anni: «Quando Calvino – racconta lo stesso Celati – veniva in Italia da Parigi, per andare a lavorare da Einaudi, una settimana al mese, mi telefonava tutti i giorni e ci scambiavamo idee. Io avevo la borsa di studio a Londra e viaggiavo con una macchina scassata: un camion mi aveva tamponato e la portiera mi arrivava fino alla spalla. Ma con quella macchina andavo avanti e indietro una volta ogni tre o quattro mesi e, passando da Parigi, mi fermavo a dormire da Calvino».
Il Meridiano dedicatogli fa di Celati un classico?
“Proprio lui che ha sempre aborrito ogni seriosità e ogni incrostazione narrativa stilistica”? si chiede Ermanno Cavazzoni (sul Sole24ore di domenica 14 febbraio).
E noi con lui: si possono applicare a Gianni Celati le definizioni che l’amico Calvino coniò per spiegarci che cosa sono i classici?
“D’un classico ogni rilettura è una lettura di scoperta come la prima”: chi ha già preso in mano il Meridiano Celati, non potrà che rispondere di sì. E continuerà ad assentire se proseguirà nell’esperimento: “Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire”, “Un classico è un’opera che provoca incessantemente un pulviscolo di discorsi critici su di sé, ma continuamente se li scrolla di dosso”. Infine, anche chi Celati non l’ha mai letto e solo ora gli si avvicina dovrà ammetterlo: “I classici sono libri che quanto più si crede di conoscerli per sentito dire, tanto più quando si leggono davvero si trovano nuovi, inaspettati, inediti.”
Restiamo a Cavazzoni allora, e al Belpoliti del saggio introduttivo (sì, lo stesso critico che, ospite di Casa della memoria e della nuova libreria Rinascita, ci ha parlato di Primo Levi): “Certo un Meridiano è sempre qualcosa di santificante, diciamo che mette i contemporanei in odore di classicità. (…) Celati è stato un autore decisivo, dice giustamente Belpoliti, figura di riferimento, anche se non appartenente all’esercito regolare delle lettere patrie. Non si è mai atteggiato a maestro, a caposcuola, capo corrente; però ha tirato tanti giovani autori verso la letteratura; con l’esempio di un’attività leggermente ascetica, più che di una professione. Belpoliti la chiama etica; sì, scrivere come atto di devozione…”.