Franck Bouisse, Ingrossare le schiere celesti, Neri Pozza 2016, pp. 174, euro 15
L’editore l’ha messo nella collana I neri, e questo può starci. Ma citare in copertina, a mo’ di presentazione, una recensione francese che l’ha definito “il miglior thriller francese dell’anno” no.
Perché il destino di Gus è quello di un Rosso Malpelo delle Cevenne e la sua storia richiama un mondo a parte, il mondo dei contadini e delle campagne, un’isola di non contemporaneità nel contemporaneo, coi suoi tempi e i suoi riti, e nulla di idilliaco. Pieno di rancori anzi, e di violenza repressa. L’atmosfera che si respira in queste pagine può far pensare al Pavese di Paesi tuoi, se mai. Non certo ai garbugli costellati di colpi di scena granguignoleschi come quelli cui l’industria del giallo tenta di assuefarci.
Nell’epoca un cui è stravagante, e sospetto, non possedere automobile e cellulare, Gus possiede solo una tv che trasmette a mala pena un canale, abbastanza comunque per venire a conoscenza della morte dell’Abbé Pierre. Una figura che sembra aprire uno spiraglio nella sua scorza di insensibilità e diffidenza, offrirgli l’immagine, per quanto stilizzata, di un uomo che ha vissuto in semplicità e coerenza i suoi giorni. Tutto il contrario dei politici del Comune, i preti della parrocchia, i “succhiabibbia” propagandisti della Chiesa evangelica, i funzionari di banca che vorrebbero convincerlo a indebitarsi per ammodernare il suo allevamento di vitelli.
Poi gli eventi precipitano. Il buio della propria infanzia irrompe nella vita di quest’uomo: “Non temeva più l’oscurità, il freddo, la solitudine, perché era diventato lui stesso la notte, il silenzio, la somma di tutti i giorni passati, e il futuro non sarebbe esistito mai più”. E invece la morte è già lì a prenderselo. Ma sarà proprio in quel momento estremo che Gus vedrà farglisi vicino proprio lui, l’Abbé Pierre, e insieme l’unica creatura che abbia saputo alleviare la sua solitudine, il cane Mars, che qualcuno gli aveva avvelenato.
E, come in un film di Charlot, li vediamo andarsene via fianco a fianco: “Il terzetto – è la scena che ci resta in mente – si mise in marcia per andare a ingrossare le schiere celesti”.