David Vann, Aquarium, La nave di Teseo 2017 (pp. 277, euro 20)
“Non avevano mai sentito il vento. Non avevano mai patito il freddo, né visto la neve. Però dovevano aspettare. E cosa vedevano nel vetro? Vedevano noi, o solo il proprio riflesso, una casa di specchi?”
Caitlin, dodici anni, all’acquario passa ore, aspettando a sua volta: finita la scuola va lì e aspetta. Aspetta che venga a prenderla sua madre, che finisce più tardi la sua giornata di lavoro, operaia a un terminal di container, a Seattle.
La bambina non ha dubbi: “Da grande sarei diventata un’ittiologa. Avrei vissuto in Australia o Indonesia, in Belize o sul Mar Rosso e avrei passato gran parte della giornata immersa in quella stessa acqua tiepida. Una vasca che si estendeva per migliaia di chilometri. Il difetto dell’acquario era che non potevamo nuotare insieme a loro.”
I pesci dei mari tropicali saranno il suo futuro, “emissari mandati da un mondo più vasto. Erano una possibilità, una specie di promessa”. Intanto sono il suo presente, e l’acquario è sinonimo di protezione: “l’appartamento – dove la sera sta con la madre – era il nostro acquario”. Fuori di lì, solo i pesci, e una compagna di scuola che le fa scoprire un genere diverso di amicizia: l’amore.
Un mondo piccolo, armonioso, non fosse per il vecchio che comincia un giorno a incontrare all’acquario. Gentile, curioso: l’unico che sappia guardare i pesci come fa lei.
Chi è? perché sembra aspettare Caitlin come se non desiderasse altro che stare in sua compagnia?
La madre lo sa bene, e quando lo scopre il suo passato irrompe a sconvolgere la sua vita, e la vita di Caitlin, che non sa ma intuisce la presenza del “peso terribile di un debito inestinguibile” e si chiede che cosa dobbiamo a chi è venuto prima di noi”, a chi ci ha messo al mondo e ha a sua volta conti in sospeso con i suoi genitori: “non permetterti mai di darti la colpa per i miei problemi”, la avverte la madre. Ma non basta: “a dodici anni non conoscevo le parole per questo, solo il peso. E ci penso ancora oggi. Quella sensazione che la mia vita sarebbe rimasta in scacco finché mia madre e sua madre non fossero state risarcite.”
A muovere il racconto verso la sua conclusione sono la dolce, ferma determinazione del misterioso anziano amico della bambina a riparare al male fatto; il sofferto cammino della madre per lasciare finalmente che il passato passi e la rabbia lasci spazio al perdono; la conquista del proprio spazio e della libertà di essere chi si sente di essere da parte di Caitlin: “come se da qualche parte ci fosse la forma della mia vita, e avessi avuto la scelta tra alcune variazioni, ma non troppo distanti dal modello”. Perché, lei ne resta convinta, non siamo tanto diversi dai pesci, che lei non si è stancata di osservare ,“ognuno leggermente diverso pur seguendo un qualche modello”.
Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora