Alan Pauls, Trance. Autobiografia di un lettore, Sur 2019 (pp. 136, euro 12)
Il protagonista è un lettore molto forte, ma è un po’ tutti coloro che leggono molto.
La trance del titolo è quella cui la lettura può dar luogo quando sembra che “il mondo sia sparito con tutto dentro, compreso tutto ciò che (si) ama tranne quello che (si) sta leggendo”: anche il proprio corpo passa in secondo piano ed è questa “la prova più irrefutabile dell’intensità della trance in cui cade chi legge (…): solo ripiegamento e oblio, l’indifferenza quasi zen in cui la lettura avvolge chi legge, disattivando tutte le funzioni che potrebbero cospirare contro l’esclusività dell’esperienza”.
L’autobiografia del sottotitolo – organizzata in brani disposti in ordine alfabetico – parte proprio da qui: dal fastidio, dall’incubo anzi che l’interruzione rappresentava già per il lettore bambino, lettore precoce tanto da imitare l’atto del leggere ancor prima di saperlo fare, e arriva alle riflessioni del lettore attempato sulle pagine da lui variamente chiosate e sottolineate, prova di una dedizione durata l’intera vita. “Quando torna ai libri più vecchi che ha – infatti –, quelli più segnati dalla sua mania di sottolineare, ha l’impressione di trovarsi fra le mani non un libro ma due: uno, il libro in sé, originale, intatto; l’altro (…) (che) narra la sua storia di lettore”.
Tra uno e l’altro capo, osservazioni su che cos’è leggere tanto penetranti e originali – spesso assonanti con quelle lette in Una meravigliosa solitudine. L’arte di leggere nell’Europa moderna di Lina Bolzoni (Einaudi 2019) – che vale la pena di seguirle pur attraverso riferimenti culturali che sfuggono spesso al lettore medio italiano.
Osservazioni che ci vengono proposte fin dalla esplicitazione iniziale dello scopo del libro (o “glossario”, come Pauls preferisce chiamarlo): “Dichiarare il debito incommensurabile che lo scrivere (compulsione strategica) ha con il leggere (quel vizio gratuito, benefico, generoso)”. Sempre che la lettura sia vera lettura, consapevole che “in tutto ciò che è scritto c’è sempre qualcosa di non scritto”, che cogliere il senso di un testo non è come centrare un bersaglio perché il senso è “qualcosa che non esiste prima”, ma è “qualcosa che nasce e si fa e si disfa nell’incontro fra un testo e un desiderio di leggere”. È allora che nasce una reciprocità che dà sostanza alla lettura e le conferisce la sua “ingenuità provocatoria”, la tranquilla rivendicazione del proprio anacronismo di attività che impone continuità e concatenamento “in uno stato di cose in cui moneta corrente sono la simultaneità e il montaggio”, che chiede una dedizione esclusiva che contrasta radicalmente il multitasking imperante.
Un elogio del leggere, dunque, che non ignora tuttavia la nota obiezione: leggere finisce con l’essere uno stratagemma per non vivere, una pratica di fuga dal mondo. Un argomento con cui Pauls si misura ripetutamente, per arrivare a una conclusione difficilmente contestabile: “Si legge per vivere quanto per evitare di vivere; si legge per sapere che cos’è vivere e come vivere; si legge per fuggire dalla vita e immaginare una vita possibile”. Si legge dovunque e comunque, come i lettori “rilassati” di Steve McCurry, colti in quel loro “raccoglimento laico” che sa resistere a guerre, miseria, catastrofi naturali. Loro, e tutti quanti leggono davvero, fedeli al “modello di ciò che ogni lettura dovrebbe essere: una pratica (un’etica) della fiducia”.
Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora.