▸ dai giorni del coronavirus
“Speróm che va sücédes niènt!”. Era questo il mantra con cui Rina, mia suocera, ci salutava ogni volta che andavamo via.
Che fosse per fare i 15 chilometri da casa sua alla nostra o i 5.000 per andare e tornare dal Portogallo o dalla Danimarca o da qualsiasi altro posto a noi venisse voglia di visitare, il mantra, come tutti i mantra, era sempre quello.
“Speróm che va sücédes niènt!”
Un po’ lo trovavamo fastidioso. Perché era sempre accompagnato da uno sguardo di disapprovazione per il nostro camper: “I disarà che sif dei sénghegn!”.
Eh sì, l’opinione della gente… e quell’essere così diversi da lei, dal suo modo di pensare e di vivere… Difficile da accettare per una come lei.
Ora ha quasi 98 anni, una demenza senile che la tiene lontana non fisicamente ma con la mente, in un mondo tutto suo.
Non ce lo dice più, quel mantra, proprio in questi mesi in cui ci servirebbe di più.
E allora, forse, è il momento che diventi un po’ anche il nostro. “Gnari, speróm che va sücédes niènt!”