Emmanuel Carrère, I baffi, Adelphi 2020 (pp. 149, euro 17)
Non lo diresti – che storia si può mai costruire sul fatto che uno si taglia i baffi? –, ma il page turning, come dicono gli editor aggiornati (e quindi allineati sul fronte dell’anglofonia), ossia la voglia di girare una pagina dopo l’altra, in questo romanzo è assicurato. Per il lettore, infatti, l’inquietudine crescente del protagonista si fa contagiosa, soprattutto quando sconfina nella deriva paranoide e induce progressivamente al sospetto che non ci possa fidare di un personaggio del genere, come appunto prevede la tecnica che dà voce a un “narratore inaffidabile”. Il quale tuttavia all’inizio non sembrava assolutamente tale: che dici – chiede alla moglie – se mi tagliassi i baffi? Perché no? risponde tranquilla lei. Senonché, questo semplice gesto mette in moto una reazione a catena, senza dirli ma senz’altro dando per scontati (nei lettori maschi almeno) i significati sottesi, e sostanzialmente inconsci, che lasciarsi crescere barba e baffi così come raderseli comportano. C’è chi ricorrentemente fa il sogno angoscioso di tagliarsi per sbaglio un baffo mentre si dà un’aggiustata ai peli ribelli, o l’incubo di non riconoscersi più, tanto da dubitare della propria identità, una volta deciso di radersi la barba che portava da anni. Ma tornando al nostro uomo: quello che lo manda fuori di testa (è il caso di dirlo) è innanzitutto la reazione della moglie alla sua richiesta di dargli un parere circa il suo viso glabro (ma di quali baffi parli? tu non li hai mai portati); a seguire, lo stesso meravigliato diniego degli amici da cui vanno a cena e il giorno dopo dei colleghi di lavoro. “Avrebbe voluto dire loro di smetterla, tutti, che ne aveva abbastanza”: avrebbe, ma non può. Non può perché sente che lo troverebbero ancora più strano. La tregua apparente con la moglie, quando decidono dopo una notte d’amore che sarà il caso di ricorrere a uno psichiatra, non farà che precipitare ancor più nell’angoscia l’uomo che si è privato dei baffi: ognuno dei due, pensa che sia l’altro ad aver bisogno di farsi visitare. Quando poi lui le esibisce la carta d’identità e lei, convinta – a parole, almeno… – che i baffi che figurano sulla foto siano stati aggiunti col pennarello, li gratta via, il rovello dell’uomo senza più i baffi passa ogni limite, sfocia nell’ossessione, nel dubbio che si stia complottando contro di lui: per farlo davvero impazzire, o per indurlo al suicidio… E allora non resta che andarsene, col primo aereo: Hong Kong. Star lì, non far altro che andare avanti e indietro su un traghetto e ascoltare i baffi ricrescere sembrano calmare il fuggiasco, per altro sempre speranzoso che tutto possa tornare come prima, che gli ridiventi possibile tornare a casa, dalla moglie. Ma ecco che è lei a raggiungerlo, come se niente fosse, come se fossero partiti insieme: lieto fine quindi? conclusione sorridente per quanto paradossale?
Non è questo che Carrère ci riserva. Emmanuel Carrère, narratore davvero inaffidabile in questo che è stato uno dei suoi primi romanzi.
Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora.