Roberto Calasso, Come ordinare una biblioteca, Adelphi 2020 (pp. 127, euro 14)
Un piccolo libro per bibliofili? No: l’amore per i libri – nel suo duplice senso: amore per la cultura, per la lettura; amore per quegli oggetti speciali che sono i libri, cose che non sono solo cose – non è proporzionale al numero di libri che si possiedono. Ci sono persone che amano i libri e, in particolare, i relativamente pochi libri che hanno acquistato e conservano, molto più di altri che ne hanno stanze e scaffali pieni, pieni di libri ereditati o accumulati nello spirito del collezionista (o in quello dell’arredatore, sia pure di buon gusto).
Un piccolo libro destinato comunque a chi ha abbastanza libri nella propria casa da doverne studiare l’ordine? No: bastano poche decine di volumi, se gli interessi di chi li ha comprati non si limitano ad un solo campo, perché il problema si ponga, sia pure in misura diversa.
Ecco allora che il consiglio che leggiamo già alla prima pagina può riguardare molte più persone di quanto si crederebbe nel raccomandar loro di imporre un “ordine plurale” ai propri libri, plurale “almeno altrettanto quanto la persona che usa quei libri”. È bene sia dunque un ordine “geologico” (per strati successivi), storico (per fasi, incapricciamenti), funzionale (connesso all’uso quotidiano in un certo momento), macchinale/alfabetico, linguistico, tematico)”. Un disordine apparente, insomma, che custodisce un ordine sostanziale. Un ordine che include la presenza di libri non ancora letti anche se acquistati da anni, essendo essenziale “comprare libri che non si leggono subito”: “Strana sensazione – infatti –, quando si aprirà quel libro” ancora intonso. “Da una parte il sospetto di aver anticipato, senza saperlo, la propria vita (…). Dall’altra un senso di frustrazione, come se non fossimo capaci di riconoscere ciò che ci riguarda se non con un grande ritardo”. Ma a prevalere sarà comunque “l’incanto di trovarsi fra le mani – immediatamente – un libro di cui non si sapeva di aver bisogno sino a un momento prima”. Mettendo in conto che possa capitare di trovare segnate pagine che si credevano mai lette, perché “Non ci sono soltanto i libri che uno si immagina di aver letto, mentre ne ha soltanto sentito parlare. Ci sono anche i libri che uno ha letto e annotato, ma di cui poi ha cancellato il ricordo” e le tracce lasciate, passato lo sconcerto di fronte alle défaiances della propria memoria, riveleranno allora la propria utilità. Del resto, sostiene perentorio l’autore, “Ho sempre diffidato di quelli che vogliono conservare i libri intatti, senza alcun segno d’uso. Sono cattivi lettori”.
Dai libri al luogo nel quale li incontriamo, per il momento almeno: la libreria. Quella ideale si riconosce dal fatto che non se ne esce mai senza aver acquistato “almeno un libro – e molto spesso non quello (o non solo quello) che si intendeva comprare quando si è entrati”. Perché questo avvenga occorre che si garantiscano alcune condizioni, a partire dalla qualità dei librai: nella libreria ideale i librai “non vengono incontro al cliente. Semplicemente perché hanno già da fare. Spostano i libri, li cercano, evadono ordini, stanno davanti a un computer. Ma, se il cliente chiede qualcosa, sono immediatamente a sua disposizione. E si vede subito che sanno dove e come trovare i libri”. Ecco descritto in poche righe il valore insostituibile delle librerie, delle vere librerie, non di quelle che non si distinguono “da un grande emporio, se non (per) la minore redditività”. Le stesse che risentono di più dell’occupazione del mercato da parte di Amazon, anche se occorre essere chiari: se oggi possiamo considerare l’e-book come una “una modalità di lettura accanto a altre”, che “continuerà a sussistere senza però danneggiare il libro cartaceo in modo irreparabile, come taluni speravano”, “ogni tentativo di opposizione” ad Amazon e al processo inaugurato dall’enorme azienda di commercio elettronico “è puro wishful thinking”, perché “il mutamento radicale” che ha investito la distribuzione libraria “non è che il contraccolpo di un mutamento ben più vasto che di fatto riguarda tutto”. Quello cui ci troviamo di fronte è un “magma in perpetuo mutamento” e “Occorrerà tempo perché si cominci a capire che cosa ha comportato, nell’apparato della conoscenza, questo slittamento dalla pagina allo schermo”.
Intanto, i libri ci sono, e le librerie anche: quelle almeno che sanno difendersi, avendo capito che non c’è altra strada che “puntare su qualcosa che per via elettronica non si può ottenere; il contatto fisico con il libro e la qualità” ossia, innanzitutto, il proporsi “come un luogo dove si ha voglia di entrare”, dove ci si sente indirizzati dalla disposizione stessa dei libri e individuatine alcuni sia possibile sedersi a sfogliarli.
Così, di pagina in pagina, di divagazione in divagazione, attraversando una selva di riferimenti a libri e autori disparati, accade al lettore di confrontarsi piacevolmente con nozioni, pareri, esperienze che si scopre spesso di condividere con l’autore. Piacevolmente, perché chi ama davvero i libri, ama anche discorrerne. Non disdegna i libri che parlano di libri.
Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora.