Peter Terrin, Il guardiano, Iperborea 2021 (pp. 269, euro 17)
Dopo qualche pagina ti aspetti il colpo di scena, ma non arriva. I due guardiani relegati nei garage seminterrati del palazzo hanno un bell’aspettare l’attacco di possibili intrusi, ma quelli non arrivano. L’editore stesso suggerisce analogie con i tartari di Buzzati e il Godot di Beckett, ma qui ad occupare lo spazio narrativo, insieme all’attesa, è il senso soffocante, claustrofobico in cui si muovono Harry e Michel. Il primo, veterano di questo lavoro assurdo, e per questo, oltre che per la sua cifra caratteriale, figura dominante; il secondo, arrivato dopo, eterno apprendista, sottomesso – in ogni senso – all’altro. Entrambi funzionari di basso livello dell’“Organizzazione”, l’“azienda”, misteriosa, imperscrutabile, che garantisce la sicurezza ai residenti attraverso una rete di guardiani nella quale si distinguono gerarchie di merito: non per nulla Harry, e quindi l’obbediente Michel, aspirano alla promozione che potrebbe farne membri dell’ “élite” dei guardiani scelti, non obbligati ad abitare in un autorimessa senza luce, a cibarsi di alimenti da carcerati, a mancare dei comfort più elementari ma delegati alla sorveglianza di lussuose e ariose ville. Non costretti quindi, come loro due, a vivere praticamente senza poter avere rapporti con l’esterno. Dove qualcosa è accaduto. Qualcosa di tremendo, di totale. È un mondo postapocalittico quello in cui si trova l’edificio che i nostri sorvegliano e che fa venire in mente, cogliendo qua e là cenni al suo assetto, a certi condomini della più recente generazione, condomini-fortezza, immersi nel contesto urbano e pure da esso separati, chiusi da cancelli che si presentano come lastre corazzate, invisibili a chi passa per strada, esclusivi al punto da non lasciar immaginare chi possa abitarci.
I giorni si susseguono tanto monotoni da confondersi uno con l’altro, nell’allerta permanente contro invasori senza volto – forse i “disperati” che l’attacco nucleare, o il virus, o chissà che altro si sono lasciti dietro – e nel timore che l’Organizzazione, implicitamente dichiarando la superfluità del lavoro di Harry e Michel, mandi un terzo guardiano. Il che avviene, difatti, e scatena una reazione a catena che muta l’esistenza dei due, sconvolge il loro precario e artificioso equilibrio mentale, pone fine al loro confinamento senza restituirgli la libertà e tantomeno permettergli di capire che cosa è accaduto, accade, accadrà.
Inutile, fuorviante, cercare significati, scovare metafore in questo racconto, ma è certo che il senso di allarme, l’ansia indistinta, la paura della paura, e la tendenza a ripiegare in un mondo piccolo, in un’immaginaria sfera protetta, che pervadono queste pagine non sono sentimenti che non trovino cittadinanza nel mondo di oggi.
Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora.