Vittorio Lingiardi, Arcipelago N. Variazioni sul narcisismo, Einaudi 2021 (pp. 124, euro 12)
È un narcisista, si dice di una persona le cui qualità appaiono limitate da un tratto inaggirabile, da un vizio che ne mina le potenzialità, senza badare al fatto che “Il meccanismo auto-erotico allogasi, qual più qual meno, in tutte le anime”. Così Carlo Emilio Gadda, citato in esergo da Lingiardi che ne conferma la tesi: “Siamo tutti narcisisti, ma non allo stesso modo. E non tutti abbiamo un disturbo narcisistico di personalità”. Ecco il punto: c’è l’amor proprio e c’è l’amor di sé, diceva Rousseau – uno che di narcisismo se ne intendeva –, si tratta di considerarne le rispettive proporzioni. “Funambolo dell’autostima, Narciso cammina su una corda tesa fra un sano amor proprio e la sua patologica celebrazione”. Ma dove, come e perché, finisce la salute e inizia la patologia?
Questa è la domanda cui il libro si propone di rispondere, offrendo da un lato una rassegna dettagliata, spesso suggestiva, delle manifestazioni del narcisismo e dei tipi che lo incarnano (ed è qui, appunto, che crolla l’inconfessata convinzione che narcisisti siano solo gli altri); dall’altro, descrivendo i terreni di coltura del narcisismo, le condizioni favorevoli al suo insorgere e al suo prosperare nel corso dell’intera esistenza. Certo, si tratta di un compito difficile quello assunto dall’autore, che ne è tanto consapevole da aver sottolineato in quell’“arcipelago” del titolo la varietà e la complessità del fenomeno in questione, ammettendo poi – citando la sentenza di uno studioso alle prese con la definizione di narcisismo – che “Ci sono almeno due punti su cui tutti concordano: uno è che il concetto di narcisismo è uno dei più importanti contributi della psicoanalisi, l’altro è che è uno dei più confusi”. E infatti quando affronta la storia delle interpretazioni psicoanalitiche, da Freud ai giorni nostri, lo dice: “il narcisismo è un rompicapo”.
Eppure, una mappa è possibile tracciarla, a partire dalla distinzione fra narcisisti di “pelle sottile” o invece di “pelle spessa”. Sono questi ultimi a manifestare con più evidenza il loro carattere, la disfunzionalità del loro modo di rapportarsi a sé e agli altri: portatori di un’idea “grandiosa” di sé stessi, aggressivi, disattenti alle ragioni degli altri o addirittura propensi a usarne strumentalmente i sentimenti, anche grazie al fascino che sanno ispirare e al potere di seduzione che detengono. Meno scoperti i narcisisti di “pelle sottile”, anch’essi convinti di una loro sostanziale eccellenza, convinzione che tuttavia resta sottotraccia, insicura, tanto da risolversi in molti casi in “sentimenti di inadeguatezza, incompetenza e inefficacia”, o in una mai dichiarata invidia per chi è capace di non lasciarsi condizionare dal giudizio degli altri. In entrambi i casi, comunque, è la “regolazione dell’autostima” a registrare – sull’onda di una più o meno celata tendenza depressiva – un fallimento, costringendo il narcisista a una ricerca ininterrotta e mai sazia di ammirazione.
Una denuncia del narcisismo, uno smascheramento dei diversi tipi umani che lo traducono in comportamenti e stile delle relazioni? No, perché – avverte Lingiardi – il narcisista rende spesso infelici gli altri, non esclusi – anzi, soprattutto – quelli che ama, ma è a sua volta un infelice: “In ogni narcisista grandioso si nasconde un bambino che si vergogna, in ogni narcisista depresso e autocritico si annidano le fantasie grandiose di un bimbo onnipotente”.
Ed eccoci al perché: perché si diventa narcisisti? Sono l’edonismo e l’egoismo che caratterizzano la nostra società a indurre alla “banalizzazione delle relazioni personali”, all’”autoindulgenza”, alla “fuga dalla dipendenza affettiva”, all’“incapacità di gratitudine” e all’“orrore delle vecchiaia”, tutti tratti tipici del narcisismo che Christopher Lasch (La cultura del narcisismo) quarant’anni fa metteva in luce nella sua diagnosi di una società narcisista e che oggi si ritrovano accresciuti nel mondo dei media e dei social soprattutto.
“Ma attenzione: se ogni disturbo della personalità è l’esito di un modello bio-psico-sociale, sociale è solo un terzo del problema. Gli altri due terzi sono il temperamento e le relazioni familiari. Relazioni contrassegnate frequentemente da un deficit di accudimento materno che genererà un bisogno incolmabile di amore, ossia di riconoscimento, o altrettanto spesso da un narcisismo dei genitori che il figlio erediterà, come un destino.
Non solo psicologi e psicanalisti sono chiamati in causa, in queste pagine, ma anche scrittori (dal citato Gadda a Woolf a Morante) e autori cinematografici, per arrivare alla conclusione che “Dentro le corazze o le apnee narcisistiche c’è sempre qualcuno che ha bisogno di ascolto. Non sempre lo sa e non sempre sa raccontarsi, ma limitarsi a brontolare contro i danni della vita online e della cultura del narcisismo non servirà a noi né tantomeno a lui. Le clausure della pandemia ci hanno insegnato molto in questo senso”.
Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora.