Piccole ballate. Pensieri in forma poetica di donne ucraine, a cura di Olha Vdovychenko, secondorizzonte – liberedizioni 2022 (pp. 96, euro 10)
La luna di Kiev, innanzitutto, e la domanda di Gianni Rodari: “Chissà se la luna / di Kiev / è bella / come la luna di Roma, / chissà se è la stessa / o soltanto sua sorella (…)”. E poi loro, le donne ucraine autrici di queste Piccole ballate: “In Ucraina scorrono i minuti: / qualcuno va al funerale, / qualcuno al battesimo. / Ma qui il tempo si è fermato e non si muove: / tu vivi, ma la vita / non c’è”, constata Olha Kozak, e un’altra Olha, Olha Zavada, allarga lo sguardo alle sue compagne: “Occhi grigi, occhi bruni, snelle e robuste, se ne vanno le belle donne dalla Ucraina-madre. Vanno in un paese straniero non per riposare, non fanno crociere, vanno a lavorare. Hanno lasciato a casa tutti i loro cari: i mariti amati, i loro figli, i vecchi genitori. Là erano ingegneri, maestre e sarte, all’estero sono diventate domestiche-schiave (…)”.
Sono passati vent’anni dall’inizio della raccolta di questi pensieri, annotati da donne come quella che vediamo sulla copertina, in un’immagine scattata da Mauro Pini nel 2001 a Brescia, ai giardini di via dei Mille, dove la domenica le donne dell’est si riunivano.
ДУϺКИ, Piccole ballate, uscito nel marzo 2003 è stato ampiamente diffuso, tanto da dover essere più volte ristampato, sempre nella versione bilingue, ucraino-italiano: “Abbiamo fatto un lavoro che assomiglia al tentativo del contadino di realizzare un buon innesto. Altra cosa dallo scrivere poesie”, scriveva in una nota introduttiva Delfina Lusiardi, che aveva accompagnato Olga in questo lavoro. L’edizione che viene ora riproposta non aggiunge nulla al libro che ha fatto conoscere la realtà di una migrazione femminile passata sotto silenzio, prima clandestina e poi resa invisibile, nascosta nelle nostre case, come nascosto è il lavoro di cura della vita che le donne continuano a svolgere.
Le poesie che compongono la raccolta parlano del dolore vissuto nel distacco forzato dalle proprie case, dai figli e dalle figlie, dai mariti, dai padri e dalle madri, dalle persone e dai luoghi che sono cari, mostrano come una donna può con la scrittura e con la forza dell’amicizia proteggersi dall’onda corrosiva della nostalgia. Parlano del prezzo pagato dalle donne ucraine per rimettere in piedi l’economia disastrata del loro paese. Le loro rimesse si sono trasformate in case confortevoli, ospedali, scuole… Beni che ora la guerra ha distrutto e continua a distruggere nella più completa indifferenza alla fatica e alla sofferenza che sono costati.
La lingua della guerra tende a militarizzare le menti di tutti e di tutte, a togliere voce persino alla lingua della poesia che quel dolore e quella fatica aveva saputo dire con coraggio e lucida dignità. “Le piccole ballate di questo libro non sono poesie di scrittrici di mestiere, piuttosto sono pensieri, emozioni, testimonianze rese in forma poetica”, avvertiva nel marzo 2003 la curatrice, Olha Vdovychenko. “Sono un rimpianto della vita che è stata cambiata di colpo. Scrivere le poesie è normale per noi, fa parte della nostra cultura. Ci si sfoga cantando, leggendo, parlando, scrivendo. E siccome tutti i lati del carattere sono più visibili nelle situazioni estreme, è normale che in Italia tantissime nostre donne siano diventate poetesse. E che abbiano ritrovato dentro di sé la musica per dire tutto ciò che prova una donna, quando da anni non vede la propria casa e la propria famiglia”.
Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora.