Kerstin Ekman, Essere lupo, Iperborea 2022 (pp. 208, euro 17,50)
Le stagioni, i boschi, gli animali: in alcune pagine si ha l’impressione di muoversi nel mondo di Rigoni Stern. Ma lo sguardo che il protagonista posa sui luoghi e le creature che li abitano non è nativo. È il frutto di un cambiamento lento, profondo, che da ispettore forestale e cacciatore lo porterà a un ripensamento radicale della propria vita. “Vivevo una vita normale. Forse non sarebbe durata chissà quanti anni ancora, ma in ogni caso una vita normale, perfino buona”, condivisa con la moglie, donna solida e affettuosa, con la quale si è ritirato in una proprietà lontana dalla città, fra i boschi. “E si andava avanti, vivevamo una vita normale, ce l’avevo fatta. Poi vidi il lupo”.
Un lupo maschio, forte, solitario, di cui Ulf – capocaccia nella comunità, sebbene la sua salute di settantenne anginoso sempre meno lo sostenga in questo ruolo – non dice agli altri. L’ha solo visto da lontano, dalla sua roulotte adattata a capanno di caccia, ma gli è bastato: ormai non fa che immaginarselo, giorno e notte, alla ricerca della preda o sulla traccia di una femmina, al punto che quella del lupo diventa per lui una sorta di vita parallela. Una vita segreta, di cui non fa parola neanche con chi gli sta vicino: “Pensavo che aver visto un lupo fosse l’unica cosa che mi rimaneva, in un mondo grigio. L’unica che fosse mia e soltanto mia”. E intanto le pratiche da lui stesso avallate come forestale, così come i diari di caccia tenuti fin da ragazzo, cominciano ad apparirgli la testimonianza di un errore che ha dominato la sua vita, ora che è ormai vicina alla fine. Ma Ulf non è uomo da crogiolarsi nel rimorso. È consapevole di aver semplicemente seguito l’andazzo generale, ed è dunque una presa di coscienza politica quella che a poco a poco guadagna, giungendo alla conclusione che siamo “una sorta di bestiame di livello superiore, di proprietà di un potere che organizza tutto al meglio per il nostro benessere”. Sono quesiti che mai si era posto ad affacciarglisi alla mente: “La rondine comune, il tordo sassello, la ballerina bianca, l’allodola, il pettirosso – se sparissero, la gente se ne accorgerebbe? (…) La maggior parte della popolazione vive già in zone dove non ci sono né ballerine bianche né pettirossi” e sembra non averlo notato, perché “Come specie, l’essere umano è mutevole nelle sue abitudini e nel comportamento. E non meno nel suo adattarsi”. Anche a cambiamenti irreversibili che minano l’equilibro dell’ambiente in cui vive. Ma Ulf no, prima che sia troppo tardi ha capito: lui sta dalla parte del lupo, senza farci sopra teorie ha capito dove sta la ragione, la ragionevolezza. L’aveva sempre saputo, forse. Ma occorreva quell’incontro per renderglielo chiaro.
Essere lupo è uno di quei romanzi in cui può sembrare accada poco, se non si è disposti a riconoscere che cosa significhi abbandonare il proprio modo di pensare, di stare al mondo. Non in forza di un evento clamoroso, ma di una trasformazione silenziosa che covava da tempo e ha finalmente potuto dare spazio al nuovo.
Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora.