Gilles Lipovetsky, La fiera dell’autenticità, Marsilio 2022 (pp. 400, euro 20)
Il narcisismo, il presentismo, la spettacolarizzazione: modi di essere e di pensare, tendenze dominanti utili per descrivere il mondo di oggi. Di volta in volta leggiamo libri che contano di aver individuato la chiave per interpretare lo spirito dei tempi in cui viviamo, e hanno tutti le loro ragioni, anche perché non si tratta spesso che di accentuazioni di aspetti che nella realtà rimandano l’uno all’altro al punto che distinguerli appare un puro esercizio. Rientra in questo quadro anche la proposta dell’autenticità quale valore, ideale, orizzonte cui ricondurre le diverse manifestazioni che caratterizzano la società attuale.
Il che non significa che questo libro sia superfluo: l’assunto su cui poggia l’analisi è spesso convincente, soprattutto nella parte che riguarda l’affermazione dell’idea di autenticità oggi imperante a confronto dei modi in cui la si è intesa in passato. A partire dall’illuminismo, quando l’autenticità era l’ideale di un’élite colta, di artisti e intellettuali come Rousseau: si tratta della “fase eroica della cultura dell’autenticità”, destinata a durare fino agli anni cinquanta del secolo scorso, fino a quando cioè si delinea “la rivolta della controcultura, con lo spirito libertario e antiautoritario tipico degli anni sessanta e settanta”. Neanche vent’anni, appunto: la seconda è una fase tutto sommato breve, ben presto scalzata da quella che inizia già alla fine del decennio settanta ed è contrassegnata dallo sganciamento “da ogni prospettiva rivoluzionaria”, dall’eclissi di “tutte le vecchie riserve sociali e simboliche”. È la fase che tuttora viviamo: “essere sé stessi non è più un dovere morale del soggetto, ma un diritto della persona. Dopo l’autenticità anticonformista e l’autenticità libertaria si afferma così l’autenticità normalizzata. Generalizzata, post-eroica, massimo vettore antropologico dell’individualismo contemporaneo”.
Queste le coordinate entro le quali l’analisi si sviluppa, sondando innanzitutto il campo culturale. “L’uomo dell’autenticità che sta prendendo forma ha – infatti – molto a che spartire con i suoi venerabili predecessori dell’epoca illuminista o delle avanguardie moderniste”, ma “l’estrinsecazione sociale del desiderio di essere sé stessi ha cambiato stile e valenza”: “Dalle Confessioni di Rousseau ai reality, dall’essere-per-la-morte di heideggeriana memoria all’internauta cool, dalla critica sartriana della malafede alle tecniche di crescita personale, dalla vita nei boschi (Thoreau) al turismo responsabile, dalle utopie della controcultura al matrimonio per le coppie omossessuali, dall’artista bohémien al consumatore hipster”. Al di là delle trasformazioni subite, è innegabile che il culto dell’autenticità abbia comunque dovuto subire, negli ultimi tempi, una perdita di credito in ambiente filosofico, conoscendo tuttavia, al contempo, una democratizzazione che ne fa l’ethos oggi prevalente. Ed ecco allora l’altro binario che l’analisi segue, quello delle mentalità e dei comportamenti diffusi: dalla sessualità alla famiglia, dalla travolgente diffusione del desiderio di scrivere di sé alla “sovraesposizione dell’Io” nella rete, dalla moda all’alimentazione, dal turismo alla considerazione del patrimonio storico e artistico e all’istruzione, dal mondo dell’impresa a quello della politica. Pagine che riservano riflessioni calzanti, osservazioni in cui ci riconosciamo – qualche volta anche l’impressione che il tirar l’acqua al proprio mulino, il voler far rientrare entro il perimetro dell’autenticità i fenomeni più disparati rischi di svuotare il concetto-chiave di cui ci si serve, o di accreditare interpretazioni quanto meno arrischiate, se non provocatorie (la chirurgia estetica, per dirne una, vista più come “chirurgia del benessere” che come “chirurgia dell’apparire”, e dunque “sganciata dal pensiero ossessivo dello sguardo altrui”). Ma, in generale, l’autore sa destreggiarsi fra affermazioni e prese di distanza, attribuzioni di significato e problematizzazioni di quanto da lui stesso proposto, fino a giungere a una messa in questione del suo stesso assunto: “Gli elogi dell’autenticità, le soluzioni illusorie e i miraggi non sono all’altezza delle sfide collettive della nostra epoca, che hanno una dimensione planetaria. Non si tratta di gettare discredito sulla cultura dell’autenticità”, magari dall’alto di un’illusoria superiorità intellettuale, o etica, “ma di rinunciare a farne un rimedio universale contro i mali della tecnoscienza, dell’iperindividualismo e dell’economia di mercato”. E dunque “Lasciamo perdere una volta per tutte il ritornello che equipara l’autentico al bene e l’inautentico al male”, senza per questo dimenticare che “essere sé stessi è un ideale etico connaturato all’universo della democrazia moderna”, valore costitutivo dunque del mondo che vogliamo, ma non “valore dei valori”: “la saggezza di cui abbiamo bisogno consiste nel non aspettarsi dall’autenticità più di quello che ha da offrire”.
Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora.