Stéphane Carlier, Clara legge Proust, Einaudi 2023 (pp. 162, euro 17,50)
Frasi fatte, gesti stereotipati, chiacchiere che non vanno oltre il pettegolezzo, desideri prevedibili quanto velleitari sono i tratti che accomunano la parrucchiera Jacqueline, titolare del negozio; Patrick, coiffeur di rango che presta la sua opera saltuariamente; la dipendente Nolwenn, e le clienti con le loro storie scontate: figure che non si discostano – per come l’autore ce le presenta – dal modello di umanità media di una media città di provincia. Ma poi c’è Clara, l’altra aiutante, la cui esistenza sembra sfuggire alla banalità, non fosse che per l’invidia generale che l’attornia per via del fidanzato così bello e prestante da sembrate un eroe dei cartoni animati – e non guasta che il suo sia “il lavoro che tutti i bambini sognano”, quello del pompiere. Senonché, nel privato, si tratta di “un uomo che non desidera più”, né d’altra parte sa più suscitare il desiderio di Clara.
Ma ecco, secondo le regole canoniche del racconto, l’evento che giunge ad imprimere una svolta alla storia: un cliente, uno de pochi di sesso maschile, dimentica un libro, e Clara, sensibile al fascino dell’uomo che ha appena servito, se lo porta a casa, per altro dimenticandolo a sua volta fra gli altri non numerosi libri che possiede. Quando per caso le ricapita in mano, la prima impressione glielo fa richiudere, ma ha avvertito che qualcosa di ciò che ha letto non le è estraneo: come al protagonista, “anche a lei è successo, nell’attimo in cui si addormenta o nei secondi che seguono il risveglio, di non sapere più se si trovasse nel suo appartamento, nella casa dove è cresciuta oppure dalla nonna”: è fatta, Proust ha cominciato a parlarle, “più lo legge, meglio lo capisce” e a “renderlo così speciale è la sua sensibilità”, un’“intensità nel sentire le cose” che scopre appartenerle. Non la spaventa quel “libro con delle frasi interminabili”: “sente, per qualche ragione che ancora le sfugge, che la renderà più forte”. La lettura diventa occasione di un rimando continuo fra le sensazioni e le esperienze di Marcel e quelle che anche lei scopre di aver vissuto, e allora “sottolinea la frase, oppure disegna un cuoricino a margine”. Al fidanzato, che le chiede “di che parla” quel libro che ha sempre fra le mani, “ha la tentazione di rispondere Di tutto”, ma se cerca di riassumerne la trama lui si addormenta… Del resto, persino lei che lo ama appassionatamente, è “certa che anche Marcel, se si rileggesse oggi, riconoscerebbe che di tanto in tanto si è dilungato un po’ troppo”.
Lettrice solitaria, dunque, fino a che non scopre che fra i clienti, Claude, un autista di scuolabus tardivamente decisosi a diventare Claudie, una donna, è un ardente estimatore di Proust, ha letto più volte tutta la Ricerca e riconosce in Clara una sua simile (“Io lo sapevo, che lei non era come le altre”). Non a caso la cliente che ha dovuto ascoltare la storia della madeleine dalla giovane parrucchiera proustiana chiede la volta successiva di essere accudita non più da Clara ma da Nolwenn… Ma la ragazza non si arrende: nessuno può ormai toglierle le sue trenta pagine di Ricerca al giorno, perché il romanzo ha colmato uno spazio fino allora insospettato, “quello che esisteva già, in lei, era il posto per una passione trascinante ed esigente. Intelligente”. La ragazza non è certo l’unica, fra i lettori di Proust, a provare la sensazione di un incontro che cambierà la vita: al di là della scioltezza con cui il racconto procede, la passerella di personaggi disparati e delle loro storie, l’ironia aliena da ogni pedante omaggio all’autore immortale, è questa possibilità di condivisione – di suggestioni, pensieri, ricordi – a spiegare il piacere che questo libro produce, facendo rivivere il gusto di scoperta personale che aveva connotato la lettura in chi ha già attraversato la monumentale opera.
Ma per chi non l’avesse ancora affrontato, è bene precisare, il racconto di Carlier vale come una promessa invitante, capace di sconfiggere anche pregiudizi radicati: “se fosse stato povero – è Claudie ad assicurarlo – non avrebbe scritto un libro tanto diverso. Penso che avrebbe osservato le stesse grettezze, la stessa ipocrisia”. Perché – ed è Clara stavolta, a confermarlo – “questo libro è così immenso, tocca così tante questioni che è quasi impossibile, per chi lo legge, non guardare tutto il mondo attraverso quel prisma. Qualsiasi piccola cosa diventa una cosa proustiana”.
(Stai a vedere che, nella miriade di libri usciti negli ultimi mesi per il centenario della morte di Proust, sia proprio questo ad offrire – nella sua immediatezza e semplicità, almeno apparente – un’introduzione capace più di tanti saggi di incoraggiare anche il lettore più refrattario).
Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora.