Simone Regazzoni, Oceano. Filosofia del pianeta, Ponte alle Grazie 2022 (pp. 212, euro 16)
Coniugare l’argomentazione scientifica con la narrazione, filtrare la teoria appresa attraverso l’esperienza vissuta: l’autore è certamente fra quanti ritengono che questa sia la via per affrontare l’impensabile del disastro ambientale, ma la conversione che prospetta non è altrettanto scontata. Il dato di partenza è infatti costituito dalla constatazione che siamo “figli di un linguaggio e di un pensiero terrestri” che occorre sovvertire. Il settanta per cento della superficie terrestre è costituita da “Oceano”, non semplicemente dall’acqua, ma da un “Oceano universale” che “deve essere pensato come un tutto senza divisioni, un sistema unico al mondo che va dalla superficie agli abissi, dall’equatore ai poli e dall’inerte al vivente” e che, a differenza delle terre emerse, “resta ancora in gran parte (per l’ottanta per cento) inesplorato, non mappato, sconosciuto, senza misura, ingovernabile”, pur costituendo “il più importante fattore di controllo del clima sulla Terra.
E uno dei due polmoni del pianeta che produce la metà dell’ossigeno presente nell’atmosfera grazie alla fotosintesi clorofilliana operata dal fitoplancton”. Perché questo ritardo, questa falla nella conoscenza del pianeta che abitiamo? La ragione va ricercata in un atteggiamento culturale sfuggente quanto tenace, in forza del quale “Terra è il nome del nostro desiderio di fondamento, stabilità. Misurabilità razionale, identità: (…) è la costruzione di una realtà che cerca in ogni modo di proteggersi dall’elemento fluido, in divenire, di Oceano che – ecco lo scarto che permette all’autore di passare al dato di esperienza – in questo momento avvolge il mio corpo”. Per Regazzoni il mare non è solo un’idea, un dispositivo culturale. È esperienza vissuta, di persona, nel corso di un lungo soggiorno nella Polinesia francese, dove questo libro è nato, del resto, sotto buoni auspici, trovandosi l’autore a poca distanza dall’isola in cui Melville – “uno dei più grandi filosofi del pianeta Oceano” – visse per qualche tempo dopo aver lasciato la baleniera sulla quale si era imbarcato. E’ il luogo a ispirare la scrittura, a impedire che produca “una teoria filosofica su Oceano, che si rivelerebbe immediatamente l’ennesima variazione di un pensiero basato sulla terraferma”. Il capovolgimento di prospettiva che propugna in queste pagine – pur dense di rimandi alla filosofia antica e alle culture extraeuropee nonché di confronti puntuali con il pensiero occidentale contemporaneo –, Regazzoni l’ha vissuto in presa diretta: “Pensare qui è vivere e provare la natura oceanica nell’esperienza percettiva del mio corpo carnale (…) Ecco l’unica filosofia possibile della natura oggi possibile, ai miei occhi nell’unità carnale di uomo-natura”, la natura intesa, sulla scorta dei Greci, come “la generazione e il divenire vitale del tutto a livello cosmico di cui i viventi umani sono parte, al di là di qualsiasi idea di natura come sfera autonoma, al di là di qualsiasi opposizione tra natura e cultura, viventi umani e non umani”.
Occorre attraversare le pagine che seguono a queste dichiarazioni per lasciarsi alle spalle la sensazione di una petizione di principio di sapore vitalistico e cogliere invece l’indicazione di fondo: non c’è modo di rapportarsi alla situazione attuale del pianeta se non si impara a “(ripensarlo) in una dimensione di flusso e divenire al di là del binarismo gerarchico terra-mare”, al di là dell’illusione che Terra sia un pianeta nostro, separato da quello alieno di Oceano.
“Siamo convinti di vivere sulla Terra, mentre in realtà viviamo letteralmente immersi in un guscio d’acqua in continuo divenire e costante trasformazione. (…) siamo immersi in questo guscio e allo stesso tempo il guscio d’acqua è in noi, siamo noi, composti della stessa acqua dell’Oceano”.
Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora.