Erri De Luca, Le regole dello Shangai, Feltrinelli 2023 (pp. 112, euro 14)
“Lo scrivo da lettore: all’inizio di un libro, mi piace sapere subito con chi ho a che fare. Non va bene per me scoprire chi sono i personaggi dopo svariate pagine”. Solo una consumata padronanza della scrittura narrativa può suggerire un incipit del genere, e di seguito mantenerne la promessa presentando i protagonisti: “Lui è un anziano campeggiatore solitario, anche in inverno. Lei è una giovane gitana scappata dal campo e dalla famiglia”. Ma queste sono solo delle carte d’identità: è alle voci della ragazza e del vecchio – così si chiameranno fra loro – che l’autore lascia il compito di dettagliare i rispettivi profili.
Anzi, si può dire che la storia non sia che un progressivo, sempre più ravvicinato prendersi le misure da parte dei due, e quel che ne esce è un’apertura senza riserve – spontanea nella quindicenne Sinti, conquistata nell’attempato orologiaio – a uno scambio che mette a confronto innanzitutto esperienze e abilità: lei sa “come si scappa” ad esempio, perché “non si scappa da qualunque parte”; lui sa riparare orologi e dunque smontare, pulire, rimuovere la polvere che “inceppa gli orologi perché vuole essere lei la misura del tempo”. Fin dall’inizio il vecchio rivela una saggezza lentamente acquisita, spicciola ma essenziale: è innanzitutto attraverso di lui che De Luca fa filtrare, anche in questo romanzo, la vena aforistica che connota il suo narrare, in un modo particolarmente lieve, sempre motivato dal discorso, in questo caso, rispetto ad altri in cui è capitato di percepire un che di sentenzioso, o di sapienziale addirittura. Qui no. Sedersi a mangiare insieme crea l’occasione per osservare che “la tavola è un posto che fa dire noi pure se si sta da soli”, così come l’evocazione del nonno porta la ragazza a osservare che i nomi “continuano dopo la morte, cercano una vita per abitare di nuovo. Perciò si mettono i nomi dei morti” ai nuovi nati della stessa famiglia. E come lei, anche il vecchio racconta di sé, del suo impossibile amore giovanile realizzatosi vent’anni più tardi e poi di nuovo perduto. Ma non è solo il ricordo del passato ad alimentare la storia – complicata da incontri come quello con i poliziotti che cercano clandestini (siamo sui monti tra Italia e Slovenia) o con il padre della ragazza che il vecchio riesce a proteggere, o ancora con due rapinatori cui i due sanno far fronte con destrezza e furbizia.
Due storie di vita diverse, due esseri che più differenti non potrebbero essere, se non fossero curiosi l’uno dell’altro, capaci di apprezzare abilità come quella di lei nel leggere la mano o quella del vecchio, per il quale gli Shangai sono molto più di un gioco: una regola di vita, di presenza a sé stessi (“attenzione alle piccole mosse, fare con intenzione, senza automatismo”) e più ancora (“potrebbe essere una regola che sta in tutte le cose, una perfezione dentro le cose, non fuori”).
Come avviene in uno scambio vero, tuttavia, la trasmissione di conoscenze ed esperienze non cancella l’alterità, la differenza, quella dell’età in primo luogo. Se è vero che il fatto di vivere nello stesso tempo sembra annullare il divario degli anni, è anche vero che la vecchiaia è altro, per chi invecchia soprattutto, e soprattutto oggi: “L’umanità è stata tutta quanta giovane, solo da poco si è messa a invecchiare in massa. È un tempo sconosciuto, più della giovinezza. Nessuna esperienza di vecchiaia precedente può fare da esempio”.
Potrebbe continuare, e continuerebbe a fornire spunto per riflessioni che vanno oltre la vicenda, lo scambio tra il vecchio e la ragazza, e invece lo scenario cambia: con il denaro ricavato dalla vendita dei propri lunghissimi capelli, lei si compra un abbecedario e – come Pinocchio, verrebbe da pensare – la sua vita conoscerà una svolta. Diventerà aiutante di un altro vecchio, un pescatore, poi chiromante e infine…
È meglio tacere della nuova vita che attende la ragazza: le lettere e il quaderno che si leggono nella seconda parte del romanzo ne riattraversano la trama da cima a fondo, con il gusto del racconto che sa sorprendere. Anche se, o proprio perché, contraddice l’impegno di metter da subito in chiaro l’identità dei due personaggi che l’autore aveva preso all’inizio.
Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora.