Sandra Petrignani, Autobiografia dei miei cani, Feltrinelli 2024 (pp. 208, euro 18)
È un amico scrittore a suggerirglielo, l’amico la cui voce si tornerà a sentire quasi ad ogni capitolo, anche dopo che avrà perso la ragione, anche quando non ci sarà più: interlocutore privilegiato perché in grado di anticipare quello che lei, l’autrice, pensa, desidera, si propone. Come nel caso, appunto, di questo libro. È l’amico senza nome a suggerirle il titolo, indicandole così la traccia essenziale di una storia che era solo un progetto vago: i cani che si sono succeduti nelle sue case – ha riconosciuto in un’intervista Petrignani – “sono il vero filo conduttore della mia vita”.
Periodizzano il suo racconto, infatti, compaiono nelle diverse case via via abitate, accompagnano le età dell’esistenza, dall’infanzia all’adolescenza alla giovinezza, con i suoi amori, e il Sessantotto, poi i tre matrimoni, e la scrittura, soprattutto: testimoni discreti ma decisivi del suo lavoro di giornalista e romanziera.
Ma perché i cani? Se la chiede anche la scrittrice la ragione di questo amore, non esclusivo – ci sono anche gatti nella sua vita – ma antico, perché concepito già dalla bambina che si convince di “appartenere ai due regni, umano e animale”, e radicato in una “specie di pena e identificazione”. “Sempre gli animali mi sembrano soli, i cani in particolare. Soli al guinzaglio, soli sui tappeti delle case (…), soli ai giardinetti o legati fuori dai negozi in attesa dei padroni”. Un’empatia profonda, consapevole di non doversi giustificare né tale da richiedere d’essere spiegata nelle sue motivazioni: “Quando infilavo le dita nelle loro pellicce, sentivo scorrere la vita, la loro vita che era anche la mia. Quando li guardavo negli occhi e loro guardavano nei miei, capivamo precisamente, reciprocamente, le domande senza risposta che ci stavamo scambiando: che ci faccio qui? Qual è il senso di tutto questo? E quella, l’unica che ci consolava: tu mi vuoi bene, vero?”.
Un amore, quello dei cani, che a differenza di quello degli umani, non conosce oscillazioni. Una simpatia, quella per i cani, che si estende alle persone che li prediligono, che non sanno vivere senza un cane accanto, o meglio: che sentono di vivere di più se possono contare su questa presenza: “Vado istintivamente d’accordo con chi lascia che la sua vita sia complicata dalla compagnia di qualche animale. Perché sì, soprattutto i cani, soprattutto se sono più d’uno, rappresentano indubbiamente una complicazione. C’è chi evita di innamorarsi per non complicarsi la vita, gente di cui conviene diffidare. Avere un cane è trovarsi in un costante stato di innamoramento”. E come ogni amore, anche quello per i propri animali, lascia il segno, costruisce ricordi, indicatori illusori di una coerenza in cui la vita non si lascia risolvere: “forse semplicemente ho vissuto più di una vita, perché è stata zeppa di incontri e di cambiamenti quell’esistenza che crediamo unica e avvitata su un unico perno, la presenza di un animale accanto, per me. Un cane rassicurante e interrogativo”. Rassicurante ma non eterno: “ È inimmaginabile la morte, per quante creature vediamo morire, scomparire dalla nostra esistenza. (…) Rivedo una mano accarezzare il mio cane. Che cane era quella volta?”.
Come si sa, tanto l’amore per un cane quanto il dolore per la sua morte non sono sentimenti di tutti. Pochi arrivano a pensare , come Kafka, che “Tutto il sapere, tutti gli interrogativi e tutte le risposte possibili sono contenute nei cani”, perché – è un fatto, secondo un altro scrittore, Pamuk – “I cani parlano, ma solo a chi sa ascoltarli”. E chi ha saputo ascoltarli sentirà il loro silenzio, quando non ci saranno più, e non gli resterà allora che “Accettare che siano morti prima del tempo, perché non c’è tempo. Accettare di dimenticarli, perché l’oblio è nell’ordine delle cose. Accettare di ricordarli, perché segretamente la memoria si nasconde al fondo dell’oblio. E accettare anche, ma ripromettendoci di fare meglio un’altra volta, e al prossimo incontro, di averli goffamente, mediocremente amati”: sono di Marguerite Yourcenar queste parole, che si leggono alla fine, parole che – conclude Petrignani – “sono un balsamo da spalmare su una vecchia ferita, riapertasi perché ho dovuto scrivere questo libro sui cani e un po’ sulla mia vita”.
Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora.