“L’io [che scrive] è un me che è ‘fatto di molti altri me’, come l’io in carne e ossa è fatto di milioni di generazioni: e vuole riassumerli tutti. È l’ultimo di una discendenza, E, comunque, come ha stabilito il giovanissimo Rimbaud, è sempre un altro, un ‘io migliore’, nella scrittura non trasferendosi semplicemente un soggetto storico, ma affiorandone uno del tutto nuovo: un’immagine che potrà anche essere nostra, ma che ci sorprende”.