L’apocalisse prossima ventura

Nouriel Roubini, La grande catastrofe. Dieci minacce per il nostro futuro e le strategie per sopravvivere, Feltrinelli 2023 (trad. Giancarlo Carlotti, pp. 314, euro 22)

Noto per essere stato l’unico economista, almeno fra quelli quotati internazionalmente, a prevedere la crisi del 2008, Roubini non perde occasione per proseguire il discorso allora coraggiosamente avviato e ampiamente criticato dal consesso di Davos: “Se tutti quanti nel gruppo di Davos – non esita ad affermare – credono che succederà qualcosa di bello o di brutto, è assai probabile che si sbaglino”. Con l’aggravante che si guarderanno bene, poi, dal ravvedersi, in forza di un “giudizio umano bacato” che impedisce a chi detiene le leve dell’economia di “frenare le tendenze suicide” insite nel “ciclo di boom-e-declino” che segna la storia economica dalla Grande depressione ad oggi. È anche un libro di storia, questo, di storia del malgoverno o del non governo dell’economia ad ogni livello, nazionale e sovranazionale.

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La rivoluzione della sufficienza

Wolfgang Sachs, Economia della sufficienza. Appunti per resistere all’Antropocene, Castelvecchi 2023 (pp. 76, euro 12,50)

“La ‘rivoluzione dell’efficienza’ rimane cieca se non è accompagnata da una ‘rivoluzione della sufficienza’”: l’enunciazione generale si chiarisce se si pensa alle automobili di oggi, sempre più veloci, ed efficienti appunto, ma, anche, sempre più numerose, al punto che la rapidità degli spostamenti che potrebbero garantire è in gran parte contrastata dall’intralcio del traffico urbano, che rappresenta una quota pari all’80 per cento dell’uso complessivo che facciamo delle auto. Senza contare il nesso tra velocità e inquinamento. E allora: perché non costruire mezzi che non superano i cento chilometro orari? E invece no: si continuano a sfornare “velocimobili” costrette poi a non superare i 25 km/h, in una logica – si fa per dire – che somiglia a quella di chi si munisce di una motosega per tagliare il burro.

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Luoghi piante animali uomini / Julian Barnes

“Le autorità medievali portavano gli animali in tribunale e ne valutavano seriamente i crimini; noi li mettiamo in campi di concentramento, li riempiamo di ormoni e li facciamo a pezzi in modo da ricordarci il meno possibile che una volta pigolavano o belavano o muggivano. Quale dei due modi è il più serio? Qual è il più avanzato da un punto di vista morale?”.

La costruzione culturale degli alberi

Zenon Mezinski, L’albero nella pittura, Einaudi 2022 (pp. 204, euro 48)

Prima gli animali, poi gli alberi. Per la maggior parte di chi ha via via acquisito una “coscienza ecologica” la non scontatezza e la problematizzazione della presenza delle piante sono venute dopo che un nuovo sguardo si era posato sugli animali. La sedentarietà dei vegetali ha cessato di apparire una mancanza in confronto con la mobilità degli animali, rivelandosi oltre tutto un’apparenza, il modo di manifestarsi di una lentezza che non è immobilità, così come vegetale ha smesso di suonare come sinonimo di insensibile, o di ottuso, privo di qualsiasi moto di pensiero: l’intelligenza degli alberi, o addirittura il pensiero delle foreste, sono ormai temi di divulgazione.

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Kafka rivisitato

Moshin Hamid, L’ultimo uomo bianco, Einaudi 2023 (pp. 132, euro 16)

Quando Gregor Samsa si svegliò un mattino da sogni inquieti, si trovò trasformato, nel proprio letto, in un immenso insetto. /“Un mattino Anders, un uomo bianco, si svegliò e scoprì di essere diventato di un innegabile marrone scuro” (e del resto anche Gregor “si vedeva la pancia marrone”).
Impossibile non avvertire echi del più famoso racconto kafkiano in questo che si è cominciato a leggere. In entrambi i casi, i protagonisti si guardano attorno cercando nella familiarità del luogo una smentita della terribile scoperta appena fatta: “Il bagno – di Anders – era familiare nel suo confortante squallore”, così come la camera era lì tranquilla con i suoi quattro muri ben noti a Gregor. Senonché, mentre questi non sembra atterrito dalla propria metamorfosi o, quantomeno, il si direbbe tenti da subito di farci i conti, pur continuando a pensare a sé stesso come al commesso viaggiatore che è sempre stato, Anders si ribella: “la faccia che aveva sostituito la sua lo riempì di rabbia (…).

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Un’erosione culturale

Gian Luigi Beccaria, In contrattempo. Un elogio della lentezza, Einaudi 2022 (pp. 112, euro 12)

Si dice velocità e subito si pensa ad aerei e a internet, al presente insomma, ma occorre riflettere: senza la velocità “non avremmo capolavori come Le nozze di Figaro” e molta altra musica del passato, né avremmo avuto le fiabe, non a caso indicate dal Calvino delle Lezioni americane come esempi di “rapidità”. Non è con questo genere di celerità che l’autore si pone “in contrattempo”, ma con quella che, estendendosi al leggere come allo scrivere, e conquistando il lettore quanto l’autore, “sta dando luogo a un’erosione culturale la cui portata ancora non siamo in grado di valutare”. La velocità, nella sostanza, non è sempre sinonimo di guadagno, ma comporta una perdita secca anche se non facilmente definibile.

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Il tempo, la vita, gli altri / Fernando Aramburu

“Ho accettato il fatto che è un impegno vano cercare di vivere nei pensieri e nei ricordi altrui. Noi che non abbiamo fatto cose rilevanti nella vita, ci dissiperemo via via che si spegneranno le poche menti in grado di evocarci. Dopo morti saremo un nome su una lapide che un giorno forse non lontano non significherà nulla per nessuno, che scomparirà anch’essa per far posto nel cimitero ad altri defunti. È ben vero che la Storia preserva alcuni nomi che magari di danno l’illusione che qualcosa di umano possa perdurare. Sciocchezze. Metto in dubbio che qualcuno conservi una briciola di vita autentica per il fatto di essere studiato, di dare un nome a una strada o di meritare una statua nel parco”.

Lo scrittore e gli altri

Colm Tóibín, Il Mago, Einaudi 2023 (pp. 512, euro 24)

Come nel rapporto con le persone, così in quello con i libri occorre aver presente che non ha senso, ed è fonte di dispiaceri e fraintendimenti, chiedere ciò che non ci può essere dato. Se crediamo di poterci rivolgere a questa “biografia romanzata” di Thomas Mann – questa la definizione apparsa in diverse recensioni – per sapere qualcosa di più sul modo in cui le opere dello scrittore si sono raccordate alla sua biografia, come questa ha favorito o in qualche misura reso necessarie quelle – un po’ come avviene nelle Memorie non scritte della moglie, Katia Mann –, andiamo incontro a una delusione. Non è questo che, a quanto pare, Tóibín si proponeva di fornire, quanto piuttosto una storia della famiglia Mann – che si viene così ad aggiungere alle non poche già pubblicate – e dunque dei rapporti via via stabiliti tra il Mago, com’era scherzosamente chiamato dai figli, e questi ultimi; tra lui e la moglie Katia; tra lui e il fratello Heinrich.

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Il valore dell’autenticità nell’epoca dell’individualismo

Gilles Lipovetsky, La fiera dell’autenticità, Marsilio 2022 (pp. 400, euro 20)

Il narcisismo, il presentismo, la spettacolarizzazione: modi di essere e di pensare, tendenze dominanti utili per descrivere il mondo di oggi. Di volta in volta leggiamo libri che contano di aver individuato la chiave per interpretare lo spirito dei tempi in cui viviamo, e hanno tutti le loro ragioni, anche perché non si tratta spesso che di accentuazioni di aspetti che nella realtà rimandano l’uno all’altro al punto che distinguerli appare un puro esercizio. Rientra in questo quadro anche la proposta dell’autenticità quale valore, ideale, orizzonte cui ricondurre le diverse manifestazioni che caratterizzano la società attuale.

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Vivere il dolore della perdita

Massimo Recalcati, La luce delle stelle morte. Saggio su lutto e nostalgia, Feltrinelli 2022 (pp. 142, euro 16)

Vivere significa accumulare perdite. Delle persone che amiamo e da cui siamo amati (quando “il trauma della perdita consiste innanzitutto nel fatto che non c’è più nessuno ad attendermi”), ma anche di età della propria vita irrimediabilmente trascorse, di amori e speranze, di progetti nei quali ci identificavamo e si sono poi rivelati irrealizzabili. E non preserva dal dolore sapere che “ogni legame implica la possibilità della sua dissoluzione non come un’eventualità tra le altre, ma come un suo inevitabile destino”.

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La vita in un’epoca di disastri incombenti

Paolo Giordano, Tasmania, Einaudi 2022 (pp. 266, euro 19,50)

Paolo – si chiama come l’autore, il protagonista – comincia col raccontare del suo soggiorno a Parigi nel 2015, giornalista accreditato alla Conferenza sull’emergenza climatica, per soggiungere subito, legando l’occasione pubblica alla sua dimensione personale, che “se non ci fosse stata in previsione una conferenza sul clima è probabile che avrei inventato un’altra scusa per partire, un conflitto armato, una crisi umanitaria, una preoccupazione diversa e più grande delle mie da cui farmi assorbire”. Il romanzo è già tutto qui, in questa ammissione di adesione alla propria epoca e, nello stesso tempo, di propensione a prenderne le distanze cercando compulsivamente un altrove in cui trovare un equilibrio, se non una soluzione definitiva alla propria inquietudine.

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Vita e letteratura in un paese senza memoria

Svetlana Aleksievič, Una battaglia persa, Adelphi 2023 (pp. 46, euro 5)

“Quando cammino per strada e afferro parole, frasi, esclamazioni, penso sempre a quanti romanzi scompaiono senza lasciare traccia. Svaniti nel tempo. Dissolti nelle tenebre. C’è tutta una parte della vita umana, quella del parlato, che non riusciamo a portare nella letteratura. (…) non ce ne siamo fatti stupire o incantare. Io, invece, ne sono ammaliata e prigioniera”. È questa la “battaglia persa” della giornalista e scrittrice russa? la battaglia contro il senso comune letterario, la miopia, o l’indifferenza, degli scrittori? Senza d’altra parte dimenticare l’opacità che caratterizza l’altro versante, quello della gente, fatta di quegli stessi che pure sono portatori di storie.

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Luoghi piante animali uomini / Amedeo Balbi

“L’energia non è mai gratis: questa è una delle regole di base della realtà. La prendiamo in prestito e la trasformiamo, ne utilizziamo solo una parte e ne cediamo il resto all’ambiente in una forma degradata, che va persa per sempre. Non esistono forme di energia che non producano scarti (…) Nella migliore delle ipotesi, dissipiamo la parte inutilizzata sotto forma di calore. Il riscaldamento globale è la conseguenza certamente indesiderata (…) dell’uso di energia sempre maggiore di cui una civiltà ha bisogno per crescere e migliorare la propria condizione”.

Luoghi e oggetti di un sentimento volubile, la memoria

Il libro della memoria. Dimore, stanze, oggetti. Dove abitano i ricordi, a cura di Antonella Tarpino, il Saggiatore 2022 (pp. 317, euro 24)

Un’antologia di testi: la curatrice stessa tiene a far derivare questo libro dal suo precedente Geografie della memoria. Case, rovine, oggetti quotidiani (Einaudi 2008), nel quale, come il sottotitolo evidenziava, si metteva in luce la tendenza della memoria a “(rinarrare) il tempo attraverso lo spazio”, tendenza che la letteratura ha spesso praticato essendo “capace – come notava Zygmunt Bauman – di rendere la solidità e la liquidità, l’omogeneità e la pluralità, il liscio della continuità ma anche l’agro, il ruvido, il crocchiante che abitano le nostre esistenze”.

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