Un venale mangiasoldi o uno scrittore geniale?

Maurizio Testa, Maigret e il caso Simenon, Homo scrivens 2023 (pp. 196, euro 16)

Le camminate lungo la Senna, la pipa e il bicchiere di calvados in una brasserie, il via vai del Quai des Orfèvres: è lui, Maigret, attorniato dai suoi, Lucas, Torrence e Janvier, senonché stavolta deve indagare non su un malvivente, ma su uno scrittore, perché prima di legare il suo nome “all’immagine internazionale della cultura francese, occorre essere sicuri”, stabilire se si tratti di “un venale mangiasoldi o di uno scrittore geniale”. Ma perché affidarla proprio a Maigret, quest’“indagine delicata e complessa”?

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Un antidoto alla fiction dilagante

Raffaello Palumbo Mosca, Che cos’è la non fiction, Carocci 2023 (pp. 110, euro 13)

La definizione sembra semplice: è tutto ciò che non è fiction, che non è racconto o romanzo, poesia o testo destinato alla rappresentazione teatrale: i reportage, i resoconti di viaggio, i saggi narrativi, le autobiografie romanzate ossia l’autofiction. Da una parte il falso e dall’altra il vero, da una parte le storie e dall’altra la Storia, quindi? No, perché il finzionale, l’invenzione narrativa, non propongono di falsificare la realtà per ingannare, bensì per “dilettare e stimolare la riflessione”, ma anche perché la Storia ha molto da spartire con il romanzo.

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Scrivere, leggere / Paul Auster

“Baumgartner [uno scrittore] chiama questo periodo successivo alla stesura il collasso (…). È il passo fondamentale verso il completamento di un libro, perché dopo aver vissuto giorno e notte con il libro in lavorazione (…), una volta terminato si è così vicini al libro da non saper più giudicare quanto si è fatto. ma soprattutto, le parole sulla pagina sono così familiari ormai da essere come morte, e a rileggerle subito si sarebbe travolti da tali ondate di disgusto da sentirsi tentati di distruggere il manoscritto in un momento di rabbia o disperazione. Per non impazzire, per salvare il salvabile dal disastro combinato, bisogna costringersi a fare un passo indietro e lasciar stare quel maledetto, distaccandosene al punto tale che, quando si oserà riprenderlo in mano, sembrerà di vederlo per la prima volta”.

Una vita sensatamente inutile

Gabriella Caramore, L’età grande. Riflessioni sulla vecchiaia, Garzanti 2023 (pp. 144, euro 14)

Esiste una “sterminata biblioteca di scritti intorno alla vecchiaia e alla morte”: Caramore non vi aggiunge un ennesimo tentativo di sistemazione del tema, perché “è paradossale che sia una sovrabbondanza di parole che viene elargita a raccontare quel tratto di esistenza che si fa più silenziosa fino al tacere definitivo. In questo libro, dunque, non si troveranno che “pensieri, sensazioni, piccoli subbugli dell’anima”.

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L’inesauribile Simenon

Georges Simenon, Delitto impunito, Adelphi 2023 (pp. 190, euro 18) e Gli altri, Adelphi 2023 (pp. 145, euro 12)

Una modesta pensione, a Liegi; la proprietaria, una quarantacinquenne devota alla chiesa, e la figlia Louise, smorta e malaticcia; i pensionanti, studenti stranieri per lo più, fra cui il taciturno, tormentato protagonista, il polacco Élie, e Michel, rumeno, il cui arrivo scompagina il tran tran della casa, e la quotidianità di Louise, che ne diviene amante. Ma non è questo a rompere il precario equilibrio di Élie, che immaginava di poter vivere accanto alla ragazza per il resto dei suoi giorni, senza esserne innamorato e senza pretenderne l’amore, essendo lui incapace di amare, di soffrire, di vivere davvero fra gli altri.

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La sfida di un romanzo sulla crisi ambientale

John Ironmonger, L’orso polare e una scommessa chiamata futuro, Bollati Boringhieri 2023 (pp. 188, euro 17)

Dopo aver messo in scena, con La balena alla fine del mondo (in queste note a fine febbraio 2022), l’unica risposta possibile, per quanto utopica, ai disastri di una globalizzazione guidata dai ciechi interessi della finanza, Ironmonger ci riporta a St Piran, il villaggio della Cornovaglia dove il cetaceo si era spiaggiato, per affrontare il problema centrale dei nostri tempi e di quelli a venire: la crisi ambientale nella veste più evidente da essa assunta con i cambiamenti climatici e l’innalzamento dei mari.

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Imprigionati nel presente di un eterno intrattenimento

Luigi Maria Epicoco, Per custodire il fuoco. Vademecum dopo l’apocalisse, Einaudi 2023 (pp. 112, euro 12)

“La vita umana, quando perde il suo fuoco, è destinata a diventare fredda come la morte. Questa nostra epoca sembra aver smarrito il fuoco” ed essere quindi investita dal “freddo di una solitudine che, a macchia d’olio, sembra colpire molti uomini e donne dell’Occidente”, vittime della “religione dell’individualismo”. “Seppelliti dal consumismo”, siamo capaci solo di “trovare qualcosa che ci distragga da questa assenza di significato. Viviamo vite imprigionati in un eterno intrattenimento”, “appiattiti solo sulle questioni materiali”, cercando così di addomesticare la disperazione”.

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Luoghi piante animali uomini / Franco Arminio

“Sono un autodidatta, scatto con il telefonino, scelgo di fermare in un’immagine luoghi che stanno scomparendo, il portone di una casa che magari tra qualche anno non ci sarà più, un muretto che sta per crollare. Il mio è quasi un esercizio etico: voglio che ciò che appartiene a un territorio non sia dimenticato, che se ne conservi la memoria. Quasi un gesto d’affetto, mi piace allargare l’idea dell’umano a tutto ciò che non lo è”.

Traversie e compromessi nella vicenda di un museo necessario

Una giornata di studio: martedì 26 marzo (inizio ore 9.30) a Brescia presso la Sala Conferenze dell’Emeroteca in Palazzo Broletto.

Ripercorrere le traversie e i compromessi che hanno caratterizzato la vicenda del Musil a Brescia non per tentare di ricostruirne gli aspetti urbanistici, economico-finanziari e politico-amministrativi, ma per seguire innanzitutto l’evoluzione del dibattito sul progetto del Museo, dalla prima formulazione a metà degli anni ’80 ad oggi: questo il tema dell’articolo di Carlo Simoni apparso nel secondo numero di “Studi bresciani”, il semestrale promosso dalla Fondazione Luigi Micheletti, in occasione del quale si svolgerà la giornata di studio del 26 marzo.

Disseminata negli articoli dei quotidiani locali, la cronaca delle vicende della sede centrale del Museo dell’Industria e del Lavoro non ha finora trovato un’elaborazione che ne faccia un capitolo significativo della storia politico-amministrativa, urbanistica, culturale della città. Tentarne una ricostruzione sulla base degli strumenti adottati dal Comune per far fronte alla trasformazione del tessuto urbano, degli accordi tra i soggetti pubblici e privati coinvolti, delle dichiarazioni e dei proponimenti da questi stessi in diverse occasioni formulati, degli stanziamenti e delle ripartizioni economiche previste per la realizzazione del Museo non elimina – soprattutto per quanto riguarda l’ultimo decennio – la sensazione che aspetti non secondari e passaggi decisivi sfuggano a un’effettiva comprensione, come accade quando la successione dei fatti non riesce a configurarsi che nella forma di una pura sequenza cronologica. Le testimonianze di professionisti, operatori privati, tecnici e amministratori pubblici offrono notizie e propongono punti di vista che, pur costituendo un contributo imprescindibile, più che ricomporsi in un quadro complessivo sembrano frastagliarsi in un gioco di specchi.

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La coscienza e il computer

Ulf Danielsson, Il mondo in sé. La coscienza e il tutto nella fisica, Einaudi 2023 (pp. 162, euro 19)

Per chi si è rassegnato a una fisica, e più in generale a una scienza che non parla più la nostra lingua e non incrocia la nostra esperienza, inutile quindi da interrogare nella ricerca di un senso, questo libro, scritto da un fisico teorico, dimostra che il distacco consumatosi non è del tutto inevitabile. Perché di un libro impegnativo si tratta, duro, in certe pagine, ma capace anche di venirci incontro, ponendo le questioni che anche il non addetto ai lavori si pone.

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Luoghi piante animali uomini / Rosa Luxemburg

“Durante le operazioni di scarico [del carro trainato da bufali, nel carcere di Breslavia] gli animali se ne stavano esausti, completamente in silenzio, e uno, quello che sanguinava [per le frustate ricevute] guardava davanti a sé e aveva nel viso nero, negli occhi scuri e mansueti, un’espressione simile a quella di un bambino che abbia pianto a lungo. Era davvero l’espressione di un bambino che è stato punito duramente e non sa per cosa né perché, non sa come sottrarsi al tormento e alla violenza bruta… gli stavo davanti e l’animale mi guardava, mi scesero le lacrime – erano le sue lacrime; per il fratello più amato non si potrebbe fremere più dolorosamente di quanto non fremessi io, inerme davanti a quella silenziosa sofferenza”.

Storia di un dolore

Paul Auster, Baumgartner, Einaudi 2023 (pp. 160, euro 17.50)

Una “radiosa attenzione”, “la potenza di una personalità luminosa, vitalità umana in tutto il suo vibrante splendore che si sprigiona dall’interno verso l’esterno in un balletto serrato e complesso fra ragione e sentimento”: ecco “la cosa che aveva Anna”, la moglie che l’ha lasciato da qualche anno, “prigioniero del suo presente”, lui come chiunque viva, “dal momento in cui nasce fino al giorno in cui muore”. Ma il professor Baumgartner, per quanto solitario, non ha perso interesse per gli altri, i pochi che la sua quotidianità gli fa incontrare, né si piange addosso, per quanto abbia momenti in cui il rimpianto lo aggredisce e, di fatto, si senta “un moncone umano, un mezzo uomo che ha perso la metà di se stesso che lo rendeva intero”.

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Oggi, domani / Andrea Cortellessa

“Oggi mi pare che il principio non sia più quello di tradurre ciò che di complesso viene prodotto, non solo in ambito letterario ma anche scientifico, sociologico, psicanalitico e via dicendo, ma viceversa di selezionare i materiali da proporre al pubblico in base alla loro comprensibilità più o meno presunta, secondo quello che Gadda chiamava l’‘uso Cesira’: dove appunto la signora Cesira pretende che ogni oggetto a lei sottoposto sia abbassato al suo livello. (…) Oggi, in nome di una presunta democraticità, ma dal mio punto di vista in funzione di una commercializzazione coatta, i materiali vengono predigeriti, anzi previsti e preconfezionati dagli stessi autori per essere solubili e divulgabili. Tutti noi che leggiamo abitualmente testi inediti di narrativa abbiamo assistito negli ultimi decenni all’aumento esponenziale della quantità di giovani autori che hanno introiettato il principio secondo il quale il loro testo deve essere traducibile, ‘cesiralizzabile’, in forma di fiction audiovisiva. Ecco, questo predigerire i materiali anziché tradurli mi pare uno degli effetti più perniciosi di una falsa democrazia della comunicazione operata fondamentalmente dalla disintermediazione della rete”.

Fatti documentati e fatti immaginati

Federico Maria Sardelli, Lucietta. Organista di Vivaldi, Sellerio 2023 (pp. 328, euro 15)

Caduto nell’oblio per oltre un secolo, prima che, a fine ’800, lo si riscoprisse quale ispiratore di parecchi concerti del coetaneo Bach, Antonio Vivaldi ha continuato a rappresentare una figura per molti aspetti misteriosa: il destino travagliato dei suoi manoscritti, persino l’incertezza su quale fosse la sua reale fisionomia fra quelle restituiteci dai ritratti hanno concorso a circondarlo di un’aura che non ha cessato di suscitare una curiosità, storica e umana, che ha trovato risposte in un saggista e direttore d’orchestra come l’autore, che appunto agli aspetti cui si accennava ha dedicato L’affare Vivaldi e Il volto di Vivaldi (Sellerio 2015 e 2021).

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Per un’economia politica critica

Clara E. Mattei, L’economia è politica, Fuori scena 2013, (pp. 192, ero 16.50)

“Il capitalismo ha i secoli contati”, titolava un suo libro un economista certo non sospetto di intenti apologetici come Giorgio Ruffolo, ed “è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”, affermava provocatoriamente Fredric Jameson, grande critico della postmodernità. Del tutto opposta la posizione dell’autrice italiana, insegnante in un’università statunitense dove, caso più unico che raro, lo studio dell’economia non si è allineato alla corrente oggi dominante, quella che ha naturalizzato l’economia, depoliticizzandola, e condannandoci così alla rassegnazione e a un sostanziale consenso passivo nei confronti delle scelte economiche.

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