Tempo d’Avvento
Ad ogni Natale rivivo la trepidazione di un’attesa. So che si annida nell’infanzia questo sentire.
Sollevo oggi come allora l’angolino di carta di quelle finestrelle del calendario dell’Avvento, raro a trovarsi in quei tempi.
Appaiono così i miei ricordi, piccole scene familiari dei natali della mia infanzia che oggi la memoria ravviva e riscalda.
Tu mi ricordi il tempo del Natale.
Già lo sentivo arrivare
con le nebbie di novembre
quando a San Martino
traslocavamo in una casa nuova.
Ed io entravo in un’altra classe
a scuola cominciata.
Andavo allora a sedermi nel banco vuoto
accanto alla bambina delle giostre
che odorava di fumo di legna.
Tu mi ricordi il tempo del Natale
che si annunciava nelle lunghe notti
ovattate di nebbia.
Si sentiva solo il campanellino di Santa Lucia
in quella notte.
Allora con mio padre mettevo fuori dall’uscio
la scodella di farina gialla e un po’ di fieno
per il suo asinello.
E l’indomani avrei trovato
ai piedi del mio letto
la biciclettina e il pallottoliere
e gli occhi ridenti di mio padre bambino.
Tu mi ricordi il tempo del Natale
quando il gelo ricamava i vetri della cucina
e mia madre toglieva le mele campanine dal forno.
Allora io ci mettevo i miei piedini infreddoliti
e intanto con lei ripassavo le tabelline.
Ero felice della nostra intimità
intrisa di odori e di vapori.
Tu mi ricordi la vigilia di Natale
quando mia madre mi lavava nel mastello di zinco
e mi avvolgeva nel panno caldo e nel borotalco.
Sempre mi ricordi la notte di Natale
quando per mano a mio padre e a mia madre
nella nebbia dell’argine
intravedevo il lume della casa materna
a guidare i nostri passi
come cometa sul presepe.
Era quello il mio presepe
la nostra famiglia viandante
che tornava a casa nella notte di Natale.
Dicembre 2016
***
TRANSITI
Tornata a casa
su un piccolo vascello
aprirò la finestra
e la stanza saprà di geranio.
Sono tornata e ora
ho radice nella dimora.
Un’altra donna è uscita
resterà ad abitare
in un luogo affollato
di giovani voci.
Talvolta io e lei ci parliamo.
Una è nomade, l’altra stanziale.
Giovane donna, hai sempre abitato
in stanze affollate.
Ora mi è compagno il silenzio
e la forte sonorità della vita.
Oggi andare e tornare
è solo il ritmo naturale del giorno.
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