“Quando si finisce un libro è un sollievo…”

“Quando si finisce un libro è un sollievo. Il lavoro è terminato. Se poi l’opera trova successo presso il pubblico, ecco alimentato e tenuto in vita più a lungo quel piacere di solito effimero. Ma dopo qualche tempo anche l’orgoglio e la soddisfazione e la vanità perdono consistenza. L’anima gonfia di sé ritorna alle sue estensioni naturali; brevemente incandescente di presunzione, si raffredda altrettanto presto che la brace che si spegne.”

(Luca Romano)

“Per far qualcosa di buono, si deve esser giù di corda per un lungo periodo…”

“Per far qualcosa di buono, si deve esser giù di corda per un lungo periodo. Il che può prendere la forma della depressione o semplicemente del fatto che nulla succeda. La vita procede: si fa ogni mattina colazione, si lavora, non si ha nessun sogno interessante e il tutto è solo noia assoluta. Sterilità. Non accade nulla… Addirittura, tendo a diffidare di quello che scrivo quando non ho prima una depressione. So che è roba di poco valore, che non viene veramente, per così dire, dalla pancia.”

(Marie-Louise von Franz)

“Noi autori dobbiamo ripeterci: questa è la verità…”

“Noi autori dobbiamo ripeterci: questa è la verità. Abbiamo due o tre grandi esperienze commoventi nella vita: esperienze così grandi e commoventi che mentre le abbiamo ci pare che nessun altro sia mai stato prima di noi così inghiottito e colpito e sorpreso e sbalordito e sconfitto e distrutto e recuperato e illuminato e ricompensato e umiliato. Poi impariamo il nostro mestiere, bene o meno bene, e raccontiamo le nostre due o tre storie – ogni volta in un nuovo travestimento – forse dieci volte, forse cento, fino a quando la gente ci ascolta.”

(F. Scott Fitzgerald)

“Essere scrittori significa prendere coscienza delle ferite segrete…”

“Essere scrittori significa prendere coscienza delle ferite segrete che portiamo dentro di noi, ferite così segrete che noi stessi ne siamo a malapena consapevoli, esplorarle pazientemente, studiarle, illuminarle e fare di queste ferite e di questi dolori una parte della nostra scrittura e della nostra identità.”

(Orhan Pamuk)

“Sarò sacrilego ma io quando la mattina mi metto al computer…”

“Sarò sacrilego ma io quando la mattina mi metto al computer segno lo schermo [ci faccio il segno della croce] perché voglio avere coscienza che non sto scrivendo per me che magari ho l’ansia, io sto prendendo la parola che non è una mia proprietà. Io non sono padrone delle parole, sono ministro delle parole. Questa è la prima cosa. Un romanziere e un sacerdote devono segnarsi prima di cominciare la liturgia della parola, che sia un romanzo o che sia la lettura dei testi sacri.”

(Maurizio Maggiani)

“C’è una scrittura femminile in me che mi fa cominciare così…”

“C’è una scrittura femminile in me che mi fa cominciare così: voci nella casa in vacanza, in ogni camera dormono due o tre bambine, coppie di adulti. Escono persone da ogni porta, costumi, ciabatte, magliette. Ci si prepara per il mare. (…)

E poi c’è una scrittura maschile, più razionale:

Un tempo le case erano abitate da molte persone, ci si litigava il bagno per stare soli, si malediceva la sorella che rubava la tua camicetta stirata, il libro, la penna, ci si affacciava alla finestra a fumare e restare nei pensieri. (…)

Questi due modi della mia scrittura: quello femminile, più intimo, in cerca di nuove sensazioni che sono ancora senza parole, e quello maschile, ereditato da millenni di cultura dei padri, si affiancano, si accavallano, armonici o in conflitto: sono entrambi io.”

(Cristina Comencini)

“Nella composizione ad anello, il narratore comincia a raccontare…”

“Nella composizione ad anello, il narratore comincia a raccontare una storia solo per interrompersi e riandare a un momento precedente che aiuta a spiegare un certo aspetto della storia che sta raccontando –, poi magari si spinge ancora più indietro a un momento o oggetto o episodio ancora precedente che aiuterà a capire meglio quell’altro momento di poco più vicino, e solo a questo punto ritorna pian piano al presente, al momento da cui si era discostato per fornire tutti quegli antefatti. (…) In questo modo un’unica narrazione, o addirittura un singolo passo, può contenere l’intera biografia di un personaggio.”

(Daniel Mendelshon)

“sono sicuro che quanto stava per accadere…”

“(…) sono sicuro che quanto stava per accadere [a Virginia] fosse connesso con la fatica di rivedere il libro e con la nuvola scura che invadeva la sua mente ogni volta che, chiuso un libro, doveva separarsene, quasi ci fosse un cordone ombelicale da tagliare, e lasciare che andasse in stampa e poi arrivasse ai recensori e al pubblico.”

(Leonard Woolf)