“I paesaggi credo portino con sé una tensione. Non potrei scrivere se non avessi prima un posto che la narrazione può abitare.”
(Maylis de Kerangal)
Con le parole degli altri: diari di lettura che, attraverso la riproposizione di passaggi tratti da opere narrative e saggistiche di autori diversi, suggeriscono riflessioni su temi nodali e questioni che ci interrogano. Leggi di più
“I paesaggi credo portino con sé una tensione. Non potrei scrivere se non avessi prima un posto che la narrazione può abitare.”
(Maylis de Kerangal)
“L’autore non deve affatto il suo nome al prefisso ‘auto-‘, che allude al sé, come potrebbe lasciar credere il narcisimo della scrittura. ‘Autore’ viende da augere, che significa ‘far crescere’ (…)”
(Jonathan Franzen)
“Prima sfortuna.
E’ più facile descrivere il mondo che parlare di se stessi.
Seconda sfortuna.
Scrivere troppo di se stessi, e non abbastanza del mondo.”
(Jón Kalman Stefánsson)
“Continuate a suonare anche se nessuno vi ascolta. Disegnate quando nessuno vi guarda. Continuate a scrivere un racconto che nessuno leggerà. Le gioie e le soddisfazioni interiori saranno più che sufficienti a mandarvi avanti. Se riuscirete in questa impresa, sarete diventati maestri nell’arte di stare qui e ora.”
(Ken Mogi)
“Quando si finisce un libro è un sollievo. Il lavoro è terminato. Se poi l’opera trova successo presso il pubblico, ecco alimentato e tenuto in vita più a lungo quel piacere di solito effimero. Ma dopo qualche tempo anche l’orgoglio e la soddisfazione e la vanità perdono consistenza. L’anima gonfia di sé ritorna alle sue estensioni naturali; brevemente incandescente di presunzione, si raffredda altrettanto presto che la brace che si spegne.”
(Luca Romano)
“Bisogna essere audaci nella scrittura, e prudenti nella vita di tutti i giorni.”
(Lisa Halliday)
“Ognuno cerca nella storia, narrata da altri o da lui medesimo, quell’unità della propria identità che, lungi dall’avere una realtà sostanziale, invece appartiene solo al suo desiderio.”
(Adriana Cavarero)
“Tutti i dolori sono sopportabili se li si inserisce in una storia o si racconta una storia su di essi.”
(Karen Blixen)
“Per ordinare e capire chi noi siamo dobbiamo raccontarci.”
(Antonio Tabucchi)
“Per far qualcosa di buono, si deve esser giù di corda per un lungo periodo. Il che può prendere la forma della depressione o semplicemente del fatto che nulla succeda. La vita procede: si fa ogni mattina colazione, si lavora, non si ha nessun sogno interessante e il tutto è solo noia assoluta. Sterilità. Non accade nulla… Addirittura, tendo a diffidare di quello che scrivo quando non ho prima una depressione. So che è roba di poco valore, che non viene veramente, per così dire, dalla pancia.”
(Marie-Louise von Franz)
“(…) ogni autentico scrittore è splendidamente monotono, in quanto nelle sue pagine vige uno stampo ricorrente, una legge formale di fantasia che trasforma il più diverso materiale in figure e situazioni che sono sempre press’a poco le stesse.”
(Cesare Pavese)
“Noi autori dobbiamo ripeterci: questa è la verità. Abbiamo due o tre grandi esperienze commoventi nella vita: esperienze così grandi e commoventi che mentre le abbiamo ci pare che nessun altro sia mai stato prima di noi così inghiottito e colpito e sorpreso e sbalordito e sconfitto e distrutto e recuperato e illuminato e ricompensato e umiliato. Poi impariamo il nostro mestiere, bene o meno bene, e raccontiamo le nostre due o tre storie – ogni volta in un nuovo travestimento – forse dieci volte, forse cento, fino a quando la gente ci ascolta.”
(F. Scott Fitzgerald)
“(…) raccogli la gran parte della tua esperienza da bambino (…). E poi quando scrivi la trasferisci ad altre situazioni.”
(Flannery O’Connor)
“Si dice che chi scrive sia emulo dell’infelice Narciso. Ma, se scrive, ne ha superato la malattia: è capace con la mano di turbare l’immagine del proprio volto riflesso, senza più pena. Reinventandosi.”
(Duccio Demetrio)
“Ai tempi nostri il romanzo storico, o quello che per comodità si vuol chiamare così, non può essere che immerso in un tempo ritrovato: la presa di possesso d’un mondo interiore.”
(Marguerite Yourcenar)
“Essere scrittori significa prendere coscienza delle ferite segrete che portiamo dentro di noi, ferite così segrete che noi stessi ne siamo a malapena consapevoli, esplorarle pazientemente, studiarle, illuminarle e fare di queste ferite e di questi dolori una parte della nostra scrittura e della nostra identità.”
(Orhan Pamuk)
“Per pura coincidenza sono diventato un romanziere, non è che ho scoperto la vocazione,come dice chi è del ramo. Finché non ho scritto il primo romanzo non ce l’avevo proprio l’idea di saperlo fare.”
(Maurizio Maggiani)
“Per scrivere serve il silenzio fuori ma la vita dentro (…) ho scelto di stare sola, ma sento le voci della mia grande famiglia ora dispersa.”
(Cristina Comencini)
“Son tornato da una guerra. Ho avuto una buona moglie e bravi figli. Ho scritto libri. Ho fatto legna. Me basta e vanza. ’Desso posso morir in pase.”
(Mario Rigoni Stern)
“Sarò sacrilego ma io quando la mattina mi metto al computer segno lo schermo [ci faccio il segno della croce] perché voglio avere coscienza che non sto scrivendo per me che magari ho l’ansia, io sto prendendo la parola che non è una mia proprietà. Io non sono padrone delle parole, sono ministro delle parole. Questa è la prima cosa. Un romanziere e un sacerdote devono segnarsi prima di cominciare la liturgia della parola, che sia un romanzo o che sia la lettura dei testi sacri.”
(Maurizio Maggiani)
“C’è una scrittura femminile in me che mi fa cominciare così: voci nella casa in vacanza, in ogni camera dormono due o tre bambine, coppie di adulti. Escono persone da ogni porta, costumi, ciabatte, magliette. Ci si prepara per il mare. (…)
E poi c’è una scrittura maschile, più razionale:
Un tempo le case erano abitate da molte persone, ci si litigava il bagno per stare soli, si malediceva la sorella che rubava la tua camicetta stirata, il libro, la penna, ci si affacciava alla finestra a fumare e restare nei pensieri. (…)
Questi due modi della mia scrittura: quello femminile, più intimo, in cerca di nuove sensazioni che sono ancora senza parole, e quello maschile, ereditato da millenni di cultura dei padri, si affiancano, si accavallano, armonici o in conflitto: sono entrambi io.”
(Cristina Comencini)