Gianrico Carofiglio, La versione di Fenoglio, Einaudi 2019 (pp. 170, euro 16,50)
“Il fatto è che quando discutiamo con qualcuno, se l’argomento ci sembra importante e se i toni si accendono, vorremmo sempre stravincere. Vorremmo inchiodare l’altro, vorremmo che riconoscesse che noi abbiamo ragione e lui, o lei torto. (…) è una pura questione di ego. Mentre l’ego dovrebbe essere escluso dall’orizzonte di qualunque transazione con gli altri, di qualsiasi tipo, sia professionale sia personale”. Sono constatazioni, frutto di quell’esperienza vera che è riflessione mai conclusa sulle esperienze vissute, quelle del maresciallo Pietro Fenoglio, non insegnamenti. Ormai alla vigilia della pensione, è con un giovane casualmente incontrato nella palestra in cui entrambi fanno esercizi di riabilitazione (per conseguenze dovute ai raggiunti limiti di età uno, per quelle di un incidente l’altro), che il vecchio carabiniere si intrattiene: la vita sembra colorarsi di maggiore significato se, sia pure indistintamente, si individua un erede cui trasmetterne episodi e situazioni che non si sono lasciati dimenticare. Non necessariamente il proprio figlio – come in Alle tre del mattino -, ma un giovane comunque. In ogni caso, un interlocutore del quale prendersi cura, una cura che è socraticamente incoraggiamento all’altro perché prenda cura di se stesso. E difatti il ventenne Giulio prenderà via via coscienza della propria confusione esistenziale, della pigrizia con cui si rapporta a un possibile progetto biografico. Perché sono solo apparentemente regole dell’investigazione quelle che gli illustra il maresciallo – detective della stessa pasta di Maigret, per intendersi (”Bisogna sapersi adattare all’interlocutore per riuscire a convincerlo. In qualsiasi campo credo, ma di sicuro nelle indagini. E un’altra cosa importante è offrire, o prospettare, una via d’uscita dignitosa, non umiliante.”) In realtà, ben si adatta alla vita in generale la fiducia in una ragione che non è mai soltanto esercizio di razionalità, ma sempre virtù della ragionevolezza, senso della misura, consapevolezza dei limiti propri e altrui, disincantato ed empatico sguardo sui propri simili: “tutti in qualche modo mentono. Mentono agli altri e mentono a sé stessi. Mentono sulle loro azioni e mentono sui veri motivi di quelle azioni”, e “le testimonianze vanno trattate con cautela perché sono tutte, almeno in parte, false testimonianze; anche se il soggetto è sincero, in buona fede.” Perché “la nostra percezione è come uno specchio deformante”.
Insieme a considerazioni del genere, a intervallare gli “arancini” (direbbe Camilleri) di Fenoglio, che sempre parte da sintetici racconti delle proprie indagini, sono anche riferimenti letterari, che risaltano spesso per la loro attualità – “Dumas diceva: preferisco i mascalzoni agli imbecilli, perché a volte si concedono una pausa”. Il maresciallo è infatti un uomo contraddistinto da un interesse di lunga data per la letteratura: “Non si può scrivere senza aver letto molto. Non ricordo chi ha detto che ogni vero scrittore è seduto su una catasta di libri altrui. Diciamo che la lettura è un presupposto necessario, anche se non sufficiente, per scrivere qualsiasi cosa.” Ma, del resto, il mestiere dello scrittore e quello dell’investigatore non sono poi così lontani: “Credo che la chiave sia: porsi domande su quello che si sta guardando e, più in generale, su quello che si sta percependo. Solo così smetti di dare le cose per scontate e cominci a vedere davvero ciò che ti circonda. Immagino sia una qualità richiesta anche a un bravo scrittore: registrare cose che hanno visto tutti e mostrarle come se fosse la prima volta, come se prima non le avesse mai notate nessuno.” Il che non è affatto facile, assicura lo stesso Carofiglio in una recente intervista (“Tuttolibri” del 2 marzo) richiamando una testimonianza autorevole: “«Scrittore è colui al quale scrivere riesce più difficile che a qualunque altra persona» ha detto Thomas Mann.”
Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora.