Osservare, capire, prender partito

Rachel Cusk, Coventry. Sulla vita, l’arte e la letteratura, Einaudi 2024 (pp. 226, euro 18,50)

Contemporanei, addirittura precedenti in alcuni casi, rispetto alla sua trilogia, sono questi racconti e saggi della scrittrice inglese. Se in Resoconto, Transiti e Onori (in queste note nel dicembre 2018, giugno 2019 e marzo 2020) si era voluto riconoscere opere che sovvertivano il genere romanzesco, in questi scritti, raccolti sotto il titolo di uno di essi, è difficile stabilire il confine fra la narrazione e la trattazione, fra le storie e le riflessioni.

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Un’autobiografia mai scritta

Marco Cavalli, L’uomo dell’Enciclopedia, Neri Pozza 2024 (pp. 201, euro 18)

Tutti più o meno sanno, o pensano di sapere, qualcosa di Rousseau e di Voltaire mentre, per quel che riguarda Diderot, sarebbero parecchi ad ammettere onestamente che le loro conoscenze non vanno oltre il ruolo che quest’altro grande rappresentante dei Lumi ebbe, insieme a D’Alembert, nella creazione di quell’opera monumentale che è l’Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri.

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Una crisi rivelatrice

Byung-Chul Han, La crisi della narrazione. Informazione, politica, vita quotidiana, Einaudi 2024 (pp. 116, euro 13)

Il filosofo sudcoreano, trapiantato in Germania, prosegue il suo lavoro di critica della società contemporanea, che è insieme di attualizzazione e, anche se non dichiaratamente, di divulgazione delle idee maturate nella sua patria di elezione. Se, per esempio, riflettendo sulla Società senza dolore e la rimozione della sofferenza dalle nostre vite (in queste note nel luglio 2021), era Heidegger il pensatore di riferimento – lo stesso sul quale, del resto, l’autore si è formato – , qui è su un altro autore tedesco che il discorso torna, e non poteva essere diversamente.

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Una scomparsa enigmatica, una denuncia politica

Carmen Pellegrino, Dove la luce, La nave di Teseo 2024 (pp. 196, euro 19)

“Credevamo di essere salvi. Figli di un miracolo (…) migliori e più sensibili dei nostri vecchi: potevamo dedicarci a scoprire qualcosa di bello e più profondo sulla vita stessa”, e invece “paghiamo per il nostro passato, paghiamo il nostro passato. Ma noi di chi saremo il passato? La faccenda della nostra futura anzianità sembrava qualcosa di futuro e trascurabile”, senonché – privi della prospettiva concreta di una pensione – noi nella giovinezza siamo rimasti impigliati. Siamo di fatto la prima generazione che sta peggio della precedente. Chi pagherà per noi”, come noi “paghiamo le pensioni dei nostri padri”?

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Esseri-terra

Federico Luisetti, Essere pietra. Ecologia di un mondo minerale, wetlands 2024 (pp. 112, euro 16)

Il titolo è lo stesso di quello di uno scritto di Calvino, del 1981: “Io sono una pietra. Lo ripeto: una pietra. So che non potete capirmi”, esordiva la protagonista, consapevole delle difficoltà di spiegare “quello speciale modo d’essere dello spazio che è l’essere pietra”. Di spiegarlo ad esseri che passano, mentre “la pietra resta”: “la nostra natura minerale resta la più forte: è essa che implica e include l’uomo (…) è l’uomo che serve il disegno delle pietre, non le pietre quello dell’uomo (…) la potenza dell’edificazione è già in noi, e verrebbe messa in atto anche se l’uomo non ci fosse”.

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L’impresa, non eroica, di un ottantaduenne

Domenico Starnone, Il vecchio al mare, Einaudi 2024 (pp. 128, euro 17)

Un vecchio, seduto in spiaggia, che scribacchia e osserva chi gli sta intorno, soprattutto una graziosa ventenne sulla sua canoa rossa: il primo pensiero va al von Aschenbach di Morte a Venezia, ma il protagonista del romanzo di Starnone ha tutt’altro atteggiamento, sia verso gli altri che verso sé stesso e la propria fragilità di ottantaduenne. Nella ragazza rivede la propria madre, la immagina anzi per come poteva essere stata da giovane, prima che la morte se la portasse via appena quarantenne.

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Racconti per risignificare i luoghi

Architetture inabitabili, a cura di Chiara Sbarigia e Dario dalla Lana, Marsilio Arte 2024 (pp. 248, euro 38)

Inabitabili non perché degradate al punto da non offrire accoglienza possibile, ma perché non concepite per essere abitate. Eppure l’inabitabilità può essere sì una “condizione triste”, ma anche “vitale e altamente simbolica”, tanto da aver meritato di esser rappresentata in una mostra che ne esibisse alcuni casi esemplari, e potesse riassumersi un questo catalogo. Un catalogo ricco di immagini, che mettono a confronto lo stato attuale del monumento con quello del passato, ma anche, e soprattutto, un catalogo da leggere.

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Reliquie dell’inferno

Gaëlle Nohant, L’archivio dei destini, Neri Pozza 2024 (pp. 336, euro 20)

Francese, Irène Martin, ma da più di venticinque anni abitante in Germania, in un paesino dell’Assia i cui abitanti “la vedono sempre come un’estranea”. Come mal sopportano è l’archivio, istituito dagli Alleati dopo la seconda guerra, in cui lei lavora, l’International Tracing Service: “Non abbiamo abbastanza fastidi quotidiani, c’è proprio bisogno di rivangare in eterno quelle vicende?”. Le vicende sono quelle delle vittime della Shoah, morti, profughi e scomparsi che volontariamente o meno hanno lasciato dietro di sé delle tracce che l’archivio, appunto, raccoglie e cerca di far pervenire ai discendenti, “altrimenti la tomba rimane aperta in fondo al cuore”. E fra i discendenti ci sono cittadini francesi, ecco perché all’Archivio occorre una come Irène, che accetta senza esitazioni, reduce dal divorzio seguito alla nascita del suo primo e unico figlio.

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Una lezione importante per la città del Bigio

Tomaso Montanari, Le statue giuste, Laterza 2024 (pp. 134, euro 16)

Non può leggere questo libro senza avvertire assonanze e raccogliere indicazioni chi, come noi, vive in una città in cui da anni si discute di una statua rimossa all’indomani della Liberazione e dell’opportunità o meno di ricollocarla dov’era. Un dibattito che non riguarda un caso isolato, di interesse puramente locale, ma risulta per molti versi esemplare nei tempi della cancel culture, in cui “il conflitto che in tutto l’Occidente si coagula intorno alle statue, nello spazio pubblico” rimanda in realtà a quesiti più generali sul rapporto tra storia e politica, tra passato e presente, tra civiltà e vandalismo”: “è a queste domande che prova a rispondere questo libro”, nell’intento di “costruire risposte utili a comprendere, e a prendere posizione”.

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Consigli spiccioli per questioni inevitabili

Ermanno Cavazzoni, Manualetto per la prossima vita, Quodlibet 2024 (pp. 256, euro 17)

Che si torni al mondo, dopo averlo lasciato, pare certo; che non ci si ricordi della vita precedente probabile. Cavazzoni sembra d’accordo con Platone, sia pure con qualche riserva: se qualcosa è restato in mente si tratta solo di qualche déjà vu, non ci sono eccezioni – né responsabilità. Non ci sono quelli che non avendo ecceduto nel bere l’acqua del fiume Lete ricorderanno il mondo delle idee e dunque vivranno filosoficamente. Ai redivivi si possono se mai dare consigli spiccioli – da manualetto, appunto – riguardanti questioni inevitabili: la vita, la morte, il cosmo, i casi quotidiani, il fatalismo, l’aldilà (non roba da poco, per un manualetto). Consigli e riflessioni utili per evitare di cadere “negli stessi errori, nelle illusioni, nelle ingenuità del novizio”, quale inevitabilmente è chi nasce.

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Per un pacifismo energetico

Peter Sloterdijk, Il rimorso di Prometeo. Dal dono del fuoco al grande incendio del pianeta, Marsilio 2024 (pp. 96, euro 15)

“Un’antropologia energetica” è quella che in meno di cento pagine delinea il filosofo tedesco – maestro di sintesi ricche di intuizioni brillanti e spesso di schematizzazioni ardite o collegamenti spericolati – a partire dalla constatazione che sin dall’epoca preistorica homo sapiens ha potuto contare su un “complice” decisivo nella sua “fuga dalla sfera delle mere condizioni naturali”: il fuoco, non a caso elevato a “metafora del divino, accanto al vento, al fulmine e al sole”. Il fuoco ha reso “le prede della caccia commestibili per l’uomo”, ha permesso di trasformare il grano in pane, di separare i metalli dai minerali, qualificandosi come componente decisiva del lavoro, ossia del rapporto fra uomini e risorse naturali.

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Un’insegnante inimitabile, una donna unica

Julian Barnes, Elizabeth Finch, Einaudi 2024

“Stava in piedi di fronte a noi, senza un appunto, un libro, o il minimo nervosismo”. La professoressa Elizabeth Finch sa imporre la sua persona, e il suo ruolo, agli studenti, fin dalla prima lezione. Non è sorpresa quella che desta negli studenti, come la Giulia di cui parla Recalcati nel suo L’ora di lezione (Einaudi 2014), non solo perché Elizabeth non è più giovane, veste in modo elegante ma austero e i suoi capelli sono “grigio cenere”, ma anche perché è dichiaratamente, programmaticamente estranea a parlare con passione agli studenti, e non importa che qui si tratti di adulti “fra i venti e i quaranta e rotti”, perché “(reagiscono) alla sua presenza come ragazzini tornati a scuola”.

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Il mondo non finisce con noi

Emanuele Aldrovandi, Il nostro grande niente, Einaudi 2024 (pp. 200, euro 17)

La classica fantasticheria di continuare a vedere che cosa succede una volta che non si è più: sintomo dell’impossibilità di pensare davvero la propria morte, secondo la psicanalisi; occasione di un racconto leggero e intenso per l’autore, che all’indomani dell’incidente stradale che l’ha ucciso si aggira nella propria casa prendendo atto che le sue cose gli sono sopravvissute: “Sul bordo del lavandino è ancora appoggiata la tazza del latte (…). Il computer è aperto sul tavolo, esattamente dove l’ho lasciato. Bottiglia dell’acqua da un lato e pacchetto di grissini alle olive dall’altro, resti di una mattina passata a scrivere e sgranocchiare.” E oltre le cose, le persone ovviamente.

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Le cause del nostro smarrimento

Giovanni De Luna, Che cosa resta del Novecento. Piccolo manuale contro il disincanto, Utet 2023 (pp. 192, euro 15)

“Il XX secolo sarà stato un brutto secolo”, è il giudizio d’apertura: un secolo in cui, oltre alla violenza del nazismo e dello stalinismo, alla proliferazione degli armamenti nucleari dopo il loro uso a Hiroshima e Nagasaki, all’affermazione totalitaria della biopolitica, si sono verificate una cinquantina di guerre oltre le due mondiali, con un totale di circa 100 milioni di morti. E non è finita qui, come si leggerà nelle pagine che seguono. Ma la perentorietà del giudizio non deve far passare inosservato quel ‘sarà stato’, un futuro anteriore con il quale lo storico sembra proporsi di prendere le distanze dal suo oggetto per esercitare un’osservazione distaccata e insieme partecipe.

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Il posto del passato

Julio Llamazares, Diversi modi di guardare l’acqua, Il Saggiatore (pp. 176, euro 19)

“Una volta lì ci rendemmo conto che il paese non c’era ancora”. Quello di prima era rimasto nella “valle diventata un bacino idrico”: una storia che si è ripetuta spesso nelle regioni di montagna e altre volte è divenuta materia narrativa, come nel caso di Resto qui, di Marco Balzano (in queste note nell’aprile del 2018).
Gli abitanti han dovuto prendere le loro cose e spostarsi dalle montagne alla pianura, su questa terra vergine, da coltivare. Un pantano, una laguna, da bonificare.

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Una colta bonaria pensosità

Giulio Bollati, Memorie minime, Bollati Boringhieri 2024 (pp. 64, euro 10)

Non tutte le introduzioni meritano di essere lette prima del testo che illustrano, a volte lo gravano di aspettative che si riveleranno ingiustificate o di informazioni che si metteranno di mezzo impedendoci di incontrare l’autore. Non è il caso della nota che Claudio Magris premette a questa cinquantina di pagine, innanzitutto perché, sull’onda di un’amicizia profonda, sa restituire i tratti inconfondibili di un amico, “un fratello maggiore, da cui ha ricevuto molto”, per cui quello che ci offre è un ritratto della sua unicità, che si traduceva in un’“amabile saldezza di gran signore, ricca di humour, venata di un’ombra di malinconica timidezza e celata da un’aria sorniona, dal disincanto di chi sa come vanno a finire le cose, ma sa incantarsi per esse”.

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Una bestiale insensatezza

Jiří Weil, Sul tetto c’è Mendelsshon, Einaudi 2023 (pp. 300, euro 20)

Già la prima pagina spiega il titolo: il Mendelssohn citato è proprio Felix, il musicista, o meglio, la statua che lo raffigura, fra le altre che ornano il tetto della “Casa tedesca delle arti”, già sede del Parlamento cecoslovacco. Si tratta di “una statua ebrea”, come il nome del musicista rende evidente, secondo le autorità della Gestapo, e va quindi “scaraventata giù dalla balaustra”. Perché, si sa, “le statue sono sempre state le guardiane fedeli e il baluardo di questa città tedesca” – quale gli occupanti pretendono sia Praga – e dunque occorre che anche fra di esse si faccia pulizia: ordine di Heydrich, il responsabile supremo della “soluzione della questione ebraica”, operante nella capitale ceca.

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Culture e pratiche delle guerre attuali

Frédéric Gros, Perché la guerra?, nottetempo (pp. 156, euro 16)

È innanzitutto una constatazione ad aprire il libro del filosofo, politologo e romanziere francese: dopo “la nuova cultura della paura” diffusasi nei primi due decenni del XXI secolo, si è diffusa l’impressione del ritorno di una “logica militare più classica con le guerre in Ucraina e in Medio Oriente” (anche se “le nostre categorie politiche faticano a inquadrare le atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre 2023 e, su un piano differente, il bombardamento massiccio da parte dell’esercito israeliano”), ma nello stesso tempo è risultato chiaro che – questo il giudizio di fondo di Gros – è necessario rispettare “la singolarità di ogni singola tragedia” e riconoscere che le categorie in uso “non restituiscono tutta la verità dell’evento”, che occorre quindi “contestualizzare, spiegare”, cose diverse dal “giustificare”.

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Un venale mangiasoldi o uno scrittore geniale?

Maurizio Testa, Maigret e il caso Simenon, Homo scrivens 2023 (pp. 196, euro 16)

Le camminate lungo la Senna, la pipa e il bicchiere di calvados in una brasserie, il via vai del Quai des Orfèvres: è lui, Maigret, attorniato dai suoi, Lucas, Torrence e Janvier, senonché stavolta deve indagare non su un malvivente, ma su uno scrittore, perché prima di legare il suo nome “all’immagine internazionale della cultura francese, occorre essere sicuri”, stabilire se si tratti di “un venale mangiasoldi o di uno scrittore geniale”. Ma perché affidarla proprio a Maigret, quest’“indagine delicata e complessa”?

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Un antidoto alla fiction dilagante

Raffaello Palumbo Mosca, Che cos’è la non fiction, Carocci 2023 (pp. 110, euro 13)

La definizione sembra semplice: è tutto ciò che non è fiction, che non è racconto o romanzo, poesia o testo destinato alla rappresentazione teatrale: i reportage, i resoconti di viaggio, i saggi narrativi, le autobiografie romanzate ossia l’autofiction. Da una parte il falso e dall’altra il vero, da una parte le storie e dall’altra la Storia, quindi? No, perché il finzionale, l’invenzione narrativa, non propongono di falsificare la realtà per ingannare, bensì per “dilettare e stimolare la riflessione”, ma anche perché la Storia ha molto da spartire con il romanzo.

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Una vita sensatamente inutile

Gabriella Caramore, L’età grande. Riflessioni sulla vecchiaia, Garzanti 2023 (pp. 144, euro 14)

Esiste una “sterminata biblioteca di scritti intorno alla vecchiaia e alla morte”: Caramore non vi aggiunge un ennesimo tentativo di sistemazione del tema, perché “è paradossale che sia una sovrabbondanza di parole che viene elargita a raccontare quel tratto di esistenza che si fa più silenziosa fino al tacere definitivo. In questo libro, dunque, non si troveranno che “pensieri, sensazioni, piccoli subbugli dell’anima”.

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