Il vicolo cieco dell’orgoglio

Tove Jansson, Campo di pietra, Iperborea 2022 (pp. 123, euro 14)

Non è certo l’unico romanzo, questo, a raccontare del bilancio fallimentare di una vita. Della vita di un uomo colto, che l’ha passata scrivendo. Viene in mente un personaggio di Čechov, il protagonista di Una storia noiosa, costretto a riconoscere che la propria vita, pur nella sua laboriosità, ha mancato di un centro, di un riferimento certo, e quindi non può più trovare che una conclusione che la lascerà in sospeso, senza darle soluzione. Eppure la vita di Jonas, giornalista di lungo corso da poco in pensione, un centro l’ha avuto: la fede nelle parole, nella loro esattezza, nella loro capacità di precisare quel che si pensa e si intende sostenere.

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Il catechismo e il telefonino

Chiara Valerio, La tecnologia è religione, Einaudi 2023 (pp. 116, euro 13)

Il nipotino, cinque anni, divarica pollice e indice per ingrandire la fotografia, come se la pagina del libro fosse lo schermo del cellulare: “Zia, il libro non funziona”, conclude infastidito. Il raccontino, più efficacemente di una presentazione argomentata, ci introduce al tema: viviamo in un mondo – l’unico, per un bambino, “in cui la tecnologia è sufficientemente potente da mimare la realtà”, generando una possibile confusione tra fatti e rappresentazioni. Un effetto non voluto che, occorre comunque riconoscere, “epoca dopo epoca, ha rappresentato il grande correttivo e amplificatore delle possibilità dei corpi”: “il corpo non ci basta più e in fondo non ci è mai bastato”. Perché mortale, innanzitutto: corpo di carbonio che tuttavia, da qualche tempo, è affiancato da corpi di silicio. A una “sostanza trovata” s’è aggiunta una “sostanza creata”.

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Da contadini a conquistadores

Paolo Malaguti, Piero fa la Merica, Einaudi 2023 (pp. 208, euro 18.50)

“Nel bastimento non vi può stare che 300 persone e invece ne sono più di 800 che siamo fissi come le sardelle”: parola di Giovanni Biagio, migrante nel 1877. Ogni capitolo inizia con la citazione di un passo delle lettere scritte ai parenti rimasti a casa da quelli che hanno lasciato il paese per andare in Merica. Ma non ritroviamo in queste pagine il racconto già molto frequentato dell’epopea dell’emigrazione italiana verso il nuovo mondo. La lingua impiegata non è quella del romanzo-saggio, ma si mantiene vicina alla parlata dei protagonisti, contadini veneti timorati di Dio ma anche interpeti originali delle Scritture (“Ha detto l’arciprete: prima ci stavano Adamo ed Eva, giravano nudi, senza vergogne.

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Il muro di un’Europa allo sbando

Maurizio Pagliassotti, La guerra invisibile. Un viaggio sul fronte dell’odio contro i migranti, Einaudi 2023 (pp. 240, euro 18)

“In questo libro la pars construens non c’è, c’è solo la realtà”. Questa l’avvertenza al lettore. L’antefatto è il libro dedicato, tre anni fa, ai “naufraghi a 2000 metri di quota”, i migranti che tentano di attraversare le Alpi occidentali per raggiungere la Francia (Ancora dodici chilometri. Migranti in fuga sulla rotta alpina, in queste note nel febbraio 2020). Questa volta, sono quelli che percorrono la rotta dei Balcani i protagonisti di un racconto la cui sostanza non cambia: “Esistono mondi nel nostro mondo che ignoriamo, perché abbiamo avuto il savoir faire di esternalizzare la violenza e la ferocia”, dibattendoci “tra un compassionevole ‘poveretti’ e un preoccupato ‘Ma sono troppi, come facciamo a prenderli tutti. Aiutiamoli a casa loro’”. Quel che intanto è avvenuto, di fatto, è che “un imponente messaggio fondato sul ‘loro sono il pericolo’ e ‘noi siamo in pericolo’ è diventato egemone in quelle che un tempo venivano definite ‘classi subalterne’”.

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Economia circolare come pratica di vita

Lorenza Gentile, Le cose che salvano, Feltrinelli 2023 (pp. 310, euro 19)

Non ha ancora trent’anni quando, a differenza del fratello, dopo la morte della madre trova il coraggio di lasciare l’austero e tirannico padre e tornare in città. Ma, per quanto protagonista di una vicenda che non manca di risvolti drammatici, Gea è mossa da un ottimismo di fondo, da una speranza sostanziale che trae forza da quel che di buono c’era nell’ideale di autosufficienza a cui il genitore l’ha educata: sembra di vederla, lei e gli altri personaggi, muoversi con leggerezza e insieme determinazione, svagatezza e impegno.

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Una passione trascinante e intelligente

Stéphane Carlier, Clara legge Proust, Einaudi 2023 (pp. 162, euro 17,50)

Frasi fatte, gesti stereotipati, chiacchiere che non vanno oltre il pettegolezzo, desideri prevedibili quanto velleitari sono i tratti che accomunano la parrucchiera Jacqueline, titolare del negozio; Patrick, coiffeur di rango che presta la sua opera saltuariamente; la dipendente Nolwenn, e le clienti con le loro storie scontate: figure che non si discostano – per come l’autore ce le presenta – dal modello di umanità media di una media città di provincia. Ma poi c’è Clara, l’altra aiutante, la cui esistenza sembra sfuggire alla banalità, non fosse che per l’invidia generale che l’attornia per via del fidanzato così bello e prestante da sembrate un eroe dei cartoni animati – e non guasta che il suo sia “il lavoro che tutti i bambini sognano”, quello del pompiere. Senonché, nel privato, si tratta di “un uomo che non desidera più”, né d’altra parte sa più suscitare il desiderio di Clara.

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La lettura, esistenza parallela dello scrittore

Domenico Starnone, L’umanità è un tirocinio, Einaudi 2023 (pp. 394, euro 18)

Se “umani si diventa” – e dunque “l’umanità è un tirocinio”, cui “non poco concorre la letteratura” –, la vecchiaia è “il periodo meno assennato dell’esistenza”, l’unico nel quale può venire in mente a un ottantenne di ripercorrere la propria biografia intellettuale, con il risultato di tracciare di sé un “ritratto di lettore sventato mentre scrive in margine avventatamente”. A partire dai primi ricordi familiari, tanto lontani da presentarsi solo come “frammenti”, anzi: “sentimenti” che hanno conservato la loro forza, il loro significato, quello in particolare di aver probabilmente originato “la spinta a scrivere”: “Mi sembrano sentimenti – commenta infatti l’autore –, o forse sono già finzioni”.

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Ammirazione inconscia, disprezzo palese

Francesco Pecoraro, Solo vera è l’estate, Ponte alle Grazie (pp. 207, euro 16)

Il mare e l’estate come spazio-tempo capace di restituire senso a esistenze immaginarie, nella sostanza disilluse, come in La vita in tempo di pace (Ponte alle Grazie, 2013); la miseria e la sciatta casualità del paesaggio urbano, con la sua “devastazione palazzinesca”, come nel precedente Lo stradone (2019, per lo stesso editore), e come in quest’ultimo la memoria del tempo della politica, di un progetto collettivo ormai impensabile: sono molti gli elementi di continuità che si possono rintracciare nei romanzi di Pecoraro, oltre che sul piano dei contenuti su quello dello stile, che sistematicamente intreccia racconto e riflessione, voci dei personaggi e disincantate denunce dell’autore, insofferente di distinzioni rigide fra discorso letterario e saggistico, fiducioso delle potenzialità critiche della narrativa.

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Fra estraneità e supponenza

Giorgio Caravale, Senza intellettuali. Politica e cultura in Italia negli ultimi trent’anni, Laterza 2023 (pp. 159, euro 18)

E tutti i libri che si vedono sui banchi delle librerie? libri densi di pensiero critico sulla politica e l’economia, i costumi e le mentalità, le disuguaglianze e l’ambiente? Che chi ha poteri per decidere non ne tenga conto è un fatto; un altro è che comunque non manchino intellettuali colti e impegnati. È questa la reazione, legittima, che possono a volte suscitare le denunce o le lamentazioni sulla scomparsa, o peggio: il silenzio, degli intellettuali. Una reazione che non ha però motivo di prodursi leggendo questo libro. Perché non sono tanto le manchevolezze o l’ignavia degli intellettuali l’oggetto del discorso (anche se ce n’è anche per loro), quanto il loro discredito presso politici che hanno ben poco accreditamento di cui potersi vantare. Risultato: il ritiro, da parte degli uomini di cultura, da ogni forma di politica attiva o quantomeno la rinuncia a cercare comunque un’interlocuzione fra gli amministratori della cosa pubblica.

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Un apologo sorridente della vita ridotta all’essenziale

Sara Baume, L’occhio della montagna, NNE 2023 (pp. 208, euro 18)

Non avevano niente da dimostrare, né agli altri né a sé stessi, lui e lei. Semplicemente, essendosi casualmente conosciuti, e piaciuti, hanno deciso di mollare tutto, città, lavoro, genitori e fratelli, e trasferirsi in un posto non lontano ma sperduto abbastanza, in una casa provata dal tempo ma ben collocata, vicina alla costa e ai piedi del monte che, come un “occhio colossale”, “stava di guardia al cielo al mare e alla terra”. Non avevano pretese del resto, Bell e Sigh, essendo entrambi giunti, benché ancora giovani, alla conclusione che “l’unica esistenza appropriata fosse quella che lascia meno tracce possibili, e progressivamente scompare”. L’uno a l’altro “curiosi di vedere cosa sarebbe successo se due misantropi solitari avessero provato a vivere insieme”. E dunque si sentono capaci di “inaugurare” una nuova famiglia – loro e i due cani che li accompagnano–, “senza regredire agli obblighi di       fare regali,      partecipare a riunioni,      o amare”. (Non sono errori tipografici gli spazi che spesso separano più del dovuto le parole: quella di Baume è una prosa che, soprattutto nella chiusa dei brani nei quali il testo si articola, assume movenze poetiche, come a suggerire dei fermoimmagine che inducono un rallentamento nella lettura).

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Una solidarietà muta

Maylis de Kerangal, Fuga a est, Feltrinelli 2023 (pp. 95, euro 12)

Coscritti, giovani chiamati alle armi che viaggiano sulla Transiberiana, il treno che percorre lentissimo, accumulando ritardi su ritardi, i novemila chilometri fra la capitale russa e Vladivostok: “vengono da Mosca e non sanno dove vanno, nessuno gli ha detto nulla”. Tra loro Alëša, vent’anni. Se ne sta nell’ultimo vagone, “la fronte premuta contro il vetro posteriore del treno, quello che dà sui binari” e guarda la “steppa viola e lanosa – il suo paese di merda”. Basta questo per farci capire: lui è uno dei tanti che “ha pensato di riuscire a evitare il servizio militare, a fregare il sistema e farsi esonerare”, “a Mosca non c’è un solo ragazzo tra i diciotto e ventisette anni che non provi a fare lo stesso”. E già qui la figura di Alëša, appena incontrata – siamo alle prime pagine – ci fa pensare a ragazzi come lui, quelli che Putin ha mandato in Ucraina, anche se questo libro, in Francia, è uscito undici anni fa, nato oltre tutto dalla riscrittura di un radiodramma che l’autrice aveva composto l’anno prima, dopo un viaggio sulla Transiberiana, invitata come altri scrittori francesi in Russia, mentre colleghi russi lo erano in Francia.

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Una passione persuasiva

Eugenio Borgna, Mitezza, Einaudi 2023 (pp. 114, euro 12)

“Mitezza è la capacità di cogliere che nelle relazioni personali – che costituiscono il livello propriamente umano dell’esistenza – non ha luogo la costrizione o la prepotenza ma è più efficace la passione persuasiva, il calore dell’anima”. Borgna parte dalle parole di Carlo Maria Martini per definire le “possibili articolazioni” di questa “esperienza umana così importante, e così dimenticata”. E così quotidiana, se lo si volesse: “Talora non ci rassegniamo a che sia l’altro a concludere il discorso e vogliamo per noi la battuta finale. Sarebbe bello imparare la beatitudine di chi, a un certo punto, sa tacere nell’umiltà lasciando che l’altro magari prevalga, perché non è poi così importante spuntarla”.

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Storie di cani e padroni

Regina Ezera, L’uomo ha bisogno del cane, Finis Terrae 2023 (pp. 134, euro 14)

La domanda – cui il titolo risponde affermativamente – la incontriamo già nelle prime pagine: “A cosa ti serve un cane?”, domanda il vecchio che cerca un compratore dei suoi quattro cuccioli. “Ho bisogno di qualcuno che mi venga appresso”, risponde il possibile acquirente, un ragazzo. Ma anche per il proprietario, questi cagnolini non sono solo cose di cui disfarsi. Li vende, sì, ma preoccupandosi del loro destino, resistendo alla richiesta del tizio che col suo fare dimostra di non essere “adatto all’alto compito di essere il padrone e l’amico di un cane”. Ma fa freddo, molto freddo, e di quei pochi soldi il vecchio ha bisogno per poter tornare a casa, riscaldarsi, bere un grog…

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L’apocalisse prossima ventura

Nouriel Roubini, La grande catastrofe. Dieci minacce per il nostro futuro e le strategie per sopravvivere, Feltrinelli 2023 (trad. Giancarlo Carlotti, pp. 314, euro 22)

Noto per essere stato l’unico economista, almeno fra quelli quotati internazionalmente, a prevedere la crisi del 2008, Roubini non perde occasione per proseguire il discorso allora coraggiosamente avviato e ampiamente criticato dal consesso di Davos: “Se tutti quanti nel gruppo di Davos – non esita ad affermare – credono che succederà qualcosa di bello o di brutto, è assai probabile che si sbaglino”. Con l’aggravante che si guarderanno bene, poi, dal ravvedersi, in forza di un “giudizio umano bacato” che impedisce a chi detiene le leve dell’economia di “frenare le tendenze suicide” insite nel “ciclo di boom-e-declino” che segna la storia economica dalla Grande depressione ad oggi. È anche un libro di storia, questo, di storia del malgoverno o del non governo dell’economia ad ogni livello, nazionale e sovranazionale.

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La rivoluzione della sufficienza

Wolfgang Sachs, Economia della sufficienza. Appunti per resistere all’Antropocene, Castelvecchi 2023 (pp. 76, euro 12,50)

“La ‘rivoluzione dell’efficienza’ rimane cieca se non è accompagnata da una ‘rivoluzione della sufficienza’”: l’enunciazione generale si chiarisce se si pensa alle automobili di oggi, sempre più veloci, ed efficienti appunto, ma, anche, sempre più numerose, al punto che la rapidità degli spostamenti che potrebbero garantire è in gran parte contrastata dall’intralcio del traffico urbano, che rappresenta una quota pari all’80 per cento dell’uso complessivo che facciamo delle auto. Senza contare il nesso tra velocità e inquinamento. E allora: perché non costruire mezzi che non superano i cento chilometro orari? E invece no: si continuano a sfornare “velocimobili” costrette poi a non superare i 25 km/h, in una logica – si fa per dire – che somiglia a quella di chi si munisce di una motosega per tagliare il burro.

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La costruzione culturale degli alberi

Zenon Mezinski, L’albero nella pittura, Einaudi 2022 (pp. 204, euro 48)

Prima gli animali, poi gli alberi. Per la maggior parte di chi ha via via acquisito una “coscienza ecologica” la non scontatezza e la problematizzazione della presenza delle piante sono venute dopo che un nuovo sguardo si era posato sugli animali. La sedentarietà dei vegetali ha cessato di apparire una mancanza in confronto con la mobilità degli animali, rivelandosi oltre tutto un’apparenza, il modo di manifestarsi di una lentezza che non è immobilità, così come vegetale ha smesso di suonare come sinonimo di insensibile, o di ottuso, privo di qualsiasi moto di pensiero: l’intelligenza degli alberi, o addirittura il pensiero delle foreste, sono ormai temi di divulgazione.

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Kafka rivisitato

Moshin Hamid, L’ultimo uomo bianco, Einaudi 2023 (pp. 132, euro 16)

Quando Gregor Samsa si svegliò un mattino da sogni inquieti, si trovò trasformato, nel proprio letto, in un immenso insetto. /“Un mattino Anders, un uomo bianco, si svegliò e scoprì di essere diventato di un innegabile marrone scuro” (e del resto anche Gregor “si vedeva la pancia marrone”).
Impossibile non avvertire echi del più famoso racconto kafkiano in questo che si è cominciato a leggere. In entrambi i casi, i protagonisti si guardano attorno cercando nella familiarità del luogo una smentita della terribile scoperta appena fatta: “Il bagno – di Anders – era familiare nel suo confortante squallore”, così come la camera era lì tranquilla con i suoi quattro muri ben noti a Gregor. Senonché, mentre questi non sembra atterrito dalla propria metamorfosi o, quantomeno, il si direbbe tenti da subito di farci i conti, pur continuando a pensare a sé stesso come al commesso viaggiatore che è sempre stato, Anders si ribella: “la faccia che aveva sostituito la sua lo riempì di rabbia (…).

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Un’erosione culturale

Gian Luigi Beccaria, In contrattempo. Un elogio della lentezza, Einaudi 2022 (pp. 112, euro 12)

Si dice velocità e subito si pensa ad aerei e a internet, al presente insomma, ma occorre riflettere: senza la velocità “non avremmo capolavori come Le nozze di Figaro” e molta altra musica del passato, né avremmo avuto le fiabe, non a caso indicate dal Calvino delle Lezioni americane come esempi di “rapidità”. Non è con questo genere di celerità che l’autore si pone “in contrattempo”, ma con quella che, estendendosi al leggere come allo scrivere, e conquistando il lettore quanto l’autore, “sta dando luogo a un’erosione culturale la cui portata ancora non siamo in grado di valutare”. La velocità, nella sostanza, non è sempre sinonimo di guadagno, ma comporta una perdita secca anche se non facilmente definibile.

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Lo scrittore e gli altri

Colm Tóibín, Il Mago, Einaudi 2023 (pp. 512, euro 24)

Come nel rapporto con le persone, così in quello con i libri occorre aver presente che non ha senso, ed è fonte di dispiaceri e fraintendimenti, chiedere ciò che non ci può essere dato. Se crediamo di poterci rivolgere a questa “biografia romanzata” di Thomas Mann – questa la definizione apparsa in diverse recensioni – per sapere qualcosa di più sul modo in cui le opere dello scrittore si sono raccordate alla sua biografia, come questa ha favorito o in qualche misura reso necessarie quelle – un po’ come avviene nelle Memorie non scritte della moglie, Katia Mann –, andiamo incontro a una delusione. Non è questo che, a quanto pare, Tóibín si proponeva di fornire, quanto piuttosto una storia della famiglia Mann – che si viene così ad aggiungere alle non poche già pubblicate – e dunque dei rapporti via via stabiliti tra il Mago, com’era scherzosamente chiamato dai figli, e questi ultimi; tra lui e la moglie Katia; tra lui e il fratello Heinrich.

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Il valore dell’autenticità nell’epoca dell’individualismo

Gilles Lipovetsky, La fiera dell’autenticità, Marsilio 2022 (pp. 400, euro 20)

Il narcisismo, il presentismo, la spettacolarizzazione: modi di essere e di pensare, tendenze dominanti utili per descrivere il mondo di oggi. Di volta in volta leggiamo libri che contano di aver individuato la chiave per interpretare lo spirito dei tempi in cui viviamo, e hanno tutti le loro ragioni, anche perché non si tratta spesso che di accentuazioni di aspetti che nella realtà rimandano l’uno all’altro al punto che distinguerli appare un puro esercizio. Rientra in questo quadro anche la proposta dell’autenticità quale valore, ideale, orizzonte cui ricondurre le diverse manifestazioni che caratterizzano la società attuale.

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Vivere il dolore della perdita

Massimo Recalcati, La luce delle stelle morte. Saggio su lutto e nostalgia, Feltrinelli 2022 (pp. 142, euro 16)

Vivere significa accumulare perdite. Delle persone che amiamo e da cui siamo amati (quando “il trauma della perdita consiste innanzitutto nel fatto che non c’è più nessuno ad attendermi”), ma anche di età della propria vita irrimediabilmente trascorse, di amori e speranze, di progetti nei quali ci identificavamo e si sono poi rivelati irrealizzabili. E non preserva dal dolore sapere che “ogni legame implica la possibilità della sua dissoluzione non come un’eventualità tra le altre, ma come un suo inevitabile destino”.

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