Aurelio Musi, Storia della solitudine. Da Aristotele ai social network, Neri Pozza 2021 (pp.172, euro 17)
Non giova quel sottotitolo che fa pensare a uno dei soliti libri compilativi capaci, almeno nelle promesse, di offrirti sintesi fulminanti di temi strappati a trattati prolissi e difficili. Perché la storia che qui ci viene raccontata, colta e insieme piacevole alla lettura, opera delle scelte precise, individua criteri efficaci e trasparenti nel ricondurre le forme della solitudine a pochi essenziali modelli che offrono “una lente attraverso la quale rileggere la storia culturale dell’Occidente a partire dalle sue radici nell’antichità classica”. L’ambivalenza della solitudine, innanzitutto. Come di ogni sentimento umano, del resto, faceva notare il più grande storico dei sentimenti e delle mentalità, Lucien Febvre, secondo il quale “una specie di comunità fondamentale unisce sempre i poli opposti dei nostri stati affettivi”, per cui è possibile distinguere una solitudine buona da una cattiva, la solitudine “depressiva” da quella “evolutiva”, la loneliness dalla solitariness (com’è noto gli inglesi hanno in proposito due termini distinti), continuando tuttavia a riconoscere una continuità profonda fra i due modi di vivere una condizione che tutti – in misura e secondo modi diversi – conosciamo per esperienza.
Continua a leggere Le due solitudini