

George Orwell, 1984 (Feltrinelli 2021, pp. 384, euro 10; Einaudi 2021, pp. 342, euro 12,50)
Alcuni aspetti della società raccontata da Orwell secondo l’ordine in cui compaiono sin dalle prime pagine: schermi sempre accesi in tutte le case che diffondono in continuazione i principi di comportamento e riferimenti del pensiero da cui è sempre meno possibile e comunque sconsigliabile divergere; la scrittura a mano relegata a pratica tanto sporadica da risultare difficile per chi ormai è abituato a ricevere e comunicare attraverso una macchina definita “parlascrivi”; un’idea del futuro che oscilla fra quella di un tempo del tutto simile al presente e quella di un tempo invece talmente diverso da non poter essere neanche lontanamente sentito come connesso al presente e dunque immaginabile; oltre al “parlascrivi”, altri dispositivi che hanno sostituito il lavoro intellettuale, per esempio le “macchine scriviromanzi”; manifestazioni ricorrenti nelle quali risulta “impossibile evitare di immedesimarsi” e la rabbia che puoi provare per questa omologazione che volente o nolente ti coinvolge finisce con l’apparire persino a te che la provi “un’emozione astratta e vaga”; una “neolingua” che tende a ridurre drasticamente il numero delle parole cancellando l’uso di quelle capaci di rendere sfumature e distinguo nonché, parallelamente, la pratica diffusa e ormai dominante di un “bipensiero”, secondo il quale i significati possono essere invertiti o coesistere benché opposti: senza neolingua e bipensiero non apparirebbero del resto plausibili i tre celebri slogan del Partito: La guerra è pace, La libertà è servitù, L’ignoranza è forza; la solitudine è la regola dell’esistenza dei cittadini soggetti al Partito, ridotti da questa loro condizione oltre che dalla prudenza a mantenere inespressivi i loro visi, ad adeguarsi alla negazione della “dignità delle emozioni”, a camuffare eventuali “segni di sconforto”; i giovani, persino i bambini, sembrano i più propensi ad aderire alle regole tanto da risultare estranei, se non ostili, ai loro stessi genitori; il passato è terreno di continua modifica, i documenti che lo attestano sono sistematicamente manipolati o distrutti, le statistiche alterate o addirittura inventate di sana pianta, giornali e libri periodicamente sottoposti a correzioni, la memoria delle persone è sempre più labile e quella di chi è vissuto prima dell’instaurazione del potere del Partito sempre più frammentata e inevitabilmente destinata a sparire; la guerra è lo stato ordinario e non si conclude mai: ad alimentarla, una continua ridislocazione delle alleanze, volubili quanto imperscrutabili per la gente comune… E si potrebbe continuare.
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