Quel nodo saldissimo fra soldati e operai

Vasilij Grossman, Stalingrado, Adelphi 2022 (pp. 889, euro 28)

Non credo sia capitato solo a me di rimandare la lettura di questo romanzo, una volta che me lo sono trovato fra le mani: inondati come siamo da mesi di notizie sulla guerra in Ucraina, l’idea di ritrovare in un libro altri racconti di violenza e distruzione e persino nomi di luoghi, di città e di oblast, come abbiamo imparato a dire, che la cronaca ci ha reso quasi familiari, mi ha consigliato di posticipare l’impresa. Perché di un’impresa si tratta: se non si è lettori di fantasy, non capita spesso di cimentarsi con opere di questa mole. Sono però bastati un assaggio, poche pagine, e la renitenza è caduta: non è semplicemente la storia a sgombrare da subito il campo dalla cronaca, ma la letteratura. Quella che sa restituirci con immediatezza le figure dei personaggi che, come si dice, la storia l’han fatta: Hitler e Mussolini, dunque, che si incontrano a Salisburgo a fine aprile, nel 1942, e il primo annuncia al collega “l’ultimo, decisivo attacco all’Unione Sovietica”.

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Scrivere, leggere / Fernando Aramburu

“Proseguo nella mia campagna di spargimento di libri per la città. Sugli scaffali cominciano a formarsi dei vuoti. Verifico che, a mano a mano che la biblioteca si riduce, mi fa meno male separarmi dai libri, perfino da quelli che in un dato momento hanno avuto per me un significato speciale. (…) A che scopo ho letto tanto? Da cosa mi hanno salvato i libri? So benissimo che non mi hanno salvato da nulla: ma in qualche modo bisognava riempire il tempo e dare adito alla speranza di capire, di mettere insieme una manciata di conoscenze e, con un po’ di fortuna, di ampliare il mio orizzonte vitale”.

Condominio Futura

Dopo Sentieri in città, le nuove storie di Alfredo che, con la sua ironia bonaria, venata di un umorismo spesso involontario, si fa osservatore attento e partecipe  delle vite degli altri che abitano il suo stesso condominio, o che lo abitavano, e hanno lasciato dietro di sé ricordi che alimentano, nel protagonista, riflessioni disincantate.

Sono passati alcuni anni e Alfredo, il pensionato flâneur che abbiamo già conosciuto nei racconti di Sentieri in città, ha limitato le sue passeggiate quotidiane ai dintorni del condominio in cui abita, ma sono proprio gli inquilini degli altri appartamenti e le loro storie a richiamare la sua attenzione e, spesso, a coinvolgerlo in vicende impreviste. Come quella della scrittrice, a lungo anonima, di racconti che – dietro l’ispirazione letteraria che il professore, amico di Alfredo, sa cogliere – mettono in luce le vicissitudini di coppie che non è difficile identificare fra i vicini.

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Oggi, domani / Salvatore Quasimodo

“UOMO DEL MIO TEMPO / Sei ancora quello della pietra e della fionda, / uomo del mio tempo. Eri nella carlinga, / con le ali maligne, le meridiane di morte, / t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche, / alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu, / con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio, / senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora, / come sempre, come uccisero i padri, come uccisero / gli animali che ti videro per la prima volta. / E questo sangue odora come nel giorno / quando il fratello disse all’altro fratello:  / «Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace, / è giunta fino a te, dentro la tua giornata. / Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue. / Salite dalla terra, dimenticate i padri: /le loro tombe affondano nella cenere, / gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore”.

Due donne, un lungo duello, un’amicizia profonda

Magda Szabó, La porta, Einaudi 2022 (pp. 266, euro 17)

Due protagoniste e due comprimari. In primo piano, due donne, una scrittrice e una donna di servizio; sulla scena, al loro fianco, il marito della prima (anche lui scrittore) e un cane, raccolto dalla strada, che appartiene alla scrittrice ma riconosce come sua padrona, amandola di un amore incondizionato, la domestica. La storia si svolge nell’arco dei vent’anni trascorsi dal momento in cui Emerenc ha cominciato – dopo avere, lei, raccolto referenze sui potenziali datori di lavoro – a occuparsi della loro casa, presentandosi come una “vecchia fuori dagli schemi”, ruvida, spesso scostante, taciturna, ma grande lavoratrice, capace di gesti di attenzione che le hanno assicurato il rispetto dell’intero quartiere in diverse case del quale esercita la sua professione. Rispetto e simpatia, anche se nessuno ha mai potuto entrare nella sua casa, la cui porta resta rigorosamente chiusa, invalicabile.

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Raccontare l’Antropocene

Racconti del pianeta Terra, a cura di Niccolò Scaffai, Einaudi 2022 (pp. 318, euro 21)

Ormai è una constatazione assodata e diffusa (non a caso ricorrente anche in queste note, delle quali converrà perciò richiamare solo quelle essenziali): sappiamo molto, sempre di più, degli effetti della crisi ambientale, del riscaldamento climatico in particolare, ma continuiamo a comportarci come se non sapessimo. O meglio, “Sappiamo che stiamo scegliendo la nostra stessa fine: solo che non riusciamo a crederci”, scrive Safran Foer (in queste note nel dicembre 2019), per cui si può ben dire che “ È enorme la cosa che sta accadendo, ma lo è anche ciò che non sta accadendo”, come fa Carla Benedetti (in queste note nel giugno 2021).

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Il tempo, la vita, gli altri / Simonetta Agnello Hornby

“Preferisco essere vecchia che anziana. Avendo ormai quasi 76 anni mi capita a volte di dimenticare una o più cose. Ma un certo lieve stato confusionale è preferibile alla morte. Tutto è più leggero, svagato, incosciente. Come guadagnare una nuova infanzia. Non mi infastidirà che un giorno qualcuno mi prenda per mano e mi orienti. Sarà solo un altro stadio della vita”.

Di che cosa parliamo quando parliamo di consolazione

Delphine Horvilleur, Piccolo trattata di consolazione. Vivere con i nostri morti, Einaudi 2022 (pp. 160, euro 16,50)

Ci sono parole che, pur facendo ancora parte del lessico comune, ne sembrano tendenzialmente relegate ai margini, non solo perché usate più raramente che in passato ma anche perché il ricorso ad esse appare sempre più cristallizzato in formule che ne impoveriscono il senso. La “consolazione” è spesso ben magra, se non addirittura amara, tanto da qualificare il premio che non ci si augura di ricevere, mentre suona vagamente ipocrita, e non a caso capita sia citata ironicamente, la rassicurazione che i parenti – sempre meno frequentemente, c’è da dire – inscrivono nel necrologio o vogliono incisa sulla lapide dichiarandosi inconsolabili.

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Oggi, domani / Slavoj Žižek

“Ci stiamo avvicinando a una tempesta perfetta, in cui una serie di catastrofi (pandemia, riscaldamento globale, scarsità di cibo e di acqua, guerre…) si rafforza a vicenda, tanto che la scelta non è semplicemente fra guerra e pace, ma uno stato di emergenza mondiale in cui le priorità cambiano di continuo. La follia di fondo della situazione necessita di una spiegazione: in un’epoca in cui quasi tutti riconoscono che la nostra stessa sopravvivenza è a rischio per ragioni ecologiche (e non solo), e in cui tutto quello che facciamo dovrebbe essere subordinato alle misure per far fronte a questo pericolo, all’improvviso la preoccupazione principale è diventata una nuova guerra che può solo abbreviare la via verso il nostro suicidio collettivo. In un momento in cui la cooperazione a livello globale è più necessaria che mai, lo ‘scontro di civiltà’ è tornato in grande stile”.

Uomini oscuri a sé stessi

Paola Castriota, Fascisti 70. Storie di vite estreme, Liberedizioni 2022 (pp. 168, euro 15)

Attenendosi al precetto della buona scrittura narrativa – non dire, ma far vedere –, in consonanza con la sua esperienza di autrice di documentari d’inchiesta, come quello dedicato alla strage di piazza della Loggia, Paola Castriota ci introduce a ciascuna delle storie di cui è fatto questo libro dandoci i riferimenti del tempo e del luogo nel quale si produce l’evento culmine, quello cui sembra essersi indirizzata la traiettoria esistenziale del protagonista. La conclusione si annuncia già all’inizio, stagliandosi sull’ordinarietà del contesto, staccando dalla quotidianità che lo connota. La morte, inattesa sempre e pure contaminata – quando non è la propria, o quella di chi ci è caro – dalla banalità degli accadimenti prevedibili e inevitabili, assume in queste storie il senso di un approdo fatale, lentamente maturato in giorni vissuti all’insegna di un’estraneità sostanziale, se non addirittura di una sorda opposizione, alla vita. Nel viluppo di pensieri e parole, atti e relazioni nel quale la vita di fatto consiste, l’originaria, mitica unicità che i protagonisti si sono persuasi di sentir pulsare nel profondo di sé stessi sembra infatti correre il rischio di disperdersi nella pluralità delle esistenze ai loro occhi omologate, insensate e moralmente corrotte della gente comune, nelle vite mancate che i più si rassegnano a condurre.

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Scrivere, leggere / Daniele del Giudice

“C’è chi sceglie un suo pubblico. Io non ho scelto mai nessun pubblico. Quello che dovevo dire, e quello che vorrei ancora dire, lo faccio senza target, senza destinazione, non ho in mente un lettore specifico. Scrivo quello che posso, che so scrivere, e cerco di farlo il meno peggio. Non mi frega niente del target, ne posso fare a meno”.

Un senso nuovo della caducità

Bruno Latour, Dove sono? Lezioni di filosofia per un pianeta che cambia, Einaudi 2022 (pp. 180, euro 15)

Il filosofo prosegue la sua riflessione – rintracciabile in saggi come Tracciare la rotta, in queste note nel settembre 2018 – alla luce del confinamento che abbiamo conosciuto durante la pandemia. Non perché sia convinto che quell’esperienza ci abbia reso finalmente consapevoli della nostra situazione, ma perché in essa siamo stati costretti, al di là della consapevolezza conservatane, a fare una “specie di prova generale” di quello che ci aspetta ma che – anche se di fatto negazionisti, sia pure in quella forma di “quietismo ambientale” che ci accomuna – già ora ci sgomenta: di fronte a un bel paesaggio, ascoltando il fruscio degli alberi, non possiamo non avvertire l’inquietudine suscitata da un senso nuovo della caducità. Una caducità non inevitabile, connessa alla condizione di tutto quanto è nato, ma derivante dalle nostre azioni: “se ti senti così a disagio a guardare gli alberi, il vento, la pioggia, la siccità, il mare, i fiumi – e naturalmente le farfalle e le api – è perché ti senti responsabile, sì, in fondo colpevole di non lottare contro quelli che li distruggono”. Opponi resistenza, ma una resistenza sempre più precaria alla coscienza che tutto è cambiato, che “una metamorfosi c’è stata e non pare proprio che al risveglio da questo incubo torneremo indietro”: la pandemia è solo uno dei molti segni di una metamorfosi radicale, simile a quella vissuta dal Gregor Samsa di Kafka, che si riaffaccia in molte di queste pagine a ricordarci il carattere inedito del cambiamento ormai in corso, una metamorfosi che lui solo, non i suoi familiari, comprende.

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Luoghi piante animali uomini / Gianfranco Pellegrino

“La “coscienza ecologica” “ci aiuta a capire che sentirsi in colpa come individui non ha senso, data l’insignificanza statistica delle nostre azioni, ma bisogna (…) assumersi responsabilità di specie, per così dire. La coscienza ecologica è una modalità di gestione dell’ansia, della nevrosi derivante dalla fine dell’illusione antropocentrica, dal fatto che sapendo di più perdiamo il vecchio mondo di prima. Ma essa resta perturbante e straniante, perché ci fa scoprire che cosa accade a scale di magnitudine e a scale temporali differenti dalla scala umana, superiori, grandissime, e ci mostra che dobbiamo agire anche a quelle scale, e non solo nell’orizzonte umano, e che non c’è nessuna scala che le governi tutte, e così facendo lavora sul trauma, sulla perdita di significato (o di significato a misura umana, antropocentrico) che derivano da questa scoperta”.

L’anno più caldo di sempre

Richard Flanagan, Il vivo mare dei sogni a occhi aperti, Bompiani 2022 (pp. 245, euro 18)

“(…) stava per finire l’anno più caldo di sempre”: incendi durati mesi, intere zone evacuate e divenute inabitabili, città soffocate dal fumo e a rischio di rimanere senz’acqua; incertezza – su quanto avvenuto, su quanto potrebbe avvenire – resa con l’immediatezza di un pensiero disorientato e angosciato che cerca di inquadrare la situazione. L’esperienza vissuta nell’estate di quest’anno avvicina il racconto di quella del 2019 in Australia, che l’autore inquadra nel più generale sconvolgimento indotto dal cambiamento climatico costellando la sua narrazione di riferimenti alla dimensione planetaria del fenomeno: “(…) intanto metà della calotta glaciale della Groenlandia si scioglieva, in Francia si registrava il giorno più caldo di sempre, un piccolo topo marsupiale australiano era la prima specie a essere spazzata via dal cambiamento climatico e gli ultimi rinoceronti di Sumatra morivano”.

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La città dei ‘desombrati’

Piero Bevilacqua, La città delle ombre perdute, Castelvecchi 2022 (pp. 158, euro 17,50)

Fa pensare a quei romanzi in cui succede qualcosa, non si sa cosa il più delle volte, per cui la gente smette di morire. Una ragione di felicità, all’inizio. Poi cominciano i guai: nell’isola di Luggnagg, Swift fa incontrare al suo Gulliver esseri che non muoiono ma non smettono di invecchiare: una condanna; Borges ritiene, nell’Immortale, che essere esenti dalla morte si risolva nel non essere nessuno, in un non essere, in definitiva; il Saramago delle Intermittenze della morte si diverte a raccontare con la sua ironia impareggiabile le conseguenze economiche e sociali della sparizione della morte, e il tema non ha smesso di fornire lo spunto. Per restare al vicino, Gianmaria Parrotta, ci si è esercitato con Immortali (Bartha 2021). Che cos’hanno in comune, al di là del loro valore letterario e filosofico, questi racconti? Il fatto che l’immortalità, da tutti alla fin fine giudicata una sciagura, dà il la a una serie di vicende e di considerazioni che si susseguono come rispondendo alla domanda implicita: che cosa succederebbe se…?

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Fiuto da sbirro e renitenza indisciplinata

Massimo Tedeschi, Il giardino dei cedri. Una nuova indagine del commissario Sartori, La nave di Teseo 2022 (pp. 207, euro 17)

Uno scrittore il cui “immaginario si colloca sulle sponde del lago e racconta una provincia fatta di personaggi comuni e nel contempo esemplari”, nel bene e nel male – come i “fascisti da operetta” che non mancano nei suoi romanzi, vista l’epoca in cui si svolgono. Sembrano parole pertinenti per richiamare la figura dell’autore bresciano, e invece – cambia il lago, quello di Como al posto del Garda – e trovi Andrea Vitali, così come ce lo restituisce il sintetico profilo che in internet se ne può leggere. Ma il parallelo si ferma qui, o comunque approfondirlo è fuori dalla portata di questa nota sull’ultima indagine del commissario creato nel 2016 da Massimo Tedeschi. Le analogie non mancano, e del resto Italico (Italo) Sartori è solo alla sua quinta prova: avrà modo di conquistare – soprattutto da quando le sue storie ci raggiungono nella veste conferitagli da un editore di prestigio e vasta diffusione – schiere di lettori oltre quelle che già si possono dire affezionate al personaggio, ai luoghi, alla grana di storie dall’intreccio sempre coinvolgente (e lineare, il che non è di tutti i polizieschi).

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Scrivere, leggere / Elena Ferrante

“(…) l’io di chi vuole scrivere si separa dal proprio pensiero e, nel separarsi, quel pensiero lo vede. Non è un’immagine fissa e definita. Il pensiero-visione si mostra come qualcosa in movimento (…), e ha il compito di mostrarsi prima di svanire (…). Il qualcosa che è davanti agli occhi dell’io – qualcosa di mobile, dunque vivo – deve essere ‘colto con la mano’ dotata di matita e trasformato, sul pezzo di carta, in parola scritta (…). Lo sforzo è dovuto al fatto che il presente – tutto il presente, anche quello dell’io che scrive, una lettera dopo l’altra – non ce la fa a trattenere con nitore il pensiero-visione, che viene sempre prima, che è sempre il passato, e che perciò tende a offuscarsi”.