Ammirazione inconscia, disprezzo palese

Francesco Pecoraro, Solo vera è l’estate, Ponte alle Grazie (pp. 207, euro 16)

Il mare e l’estate come spazio-tempo capace di restituire senso a esistenze immaginarie, nella sostanza disilluse, come in La vita in tempo di pace (Ponte alle Grazie, 2013); la miseria e la sciatta casualità del paesaggio urbano, con la sua “devastazione palazzinesca”, come nel precedente Lo stradone (2019, per lo stesso editore), e come in quest’ultimo la memoria del tempo della politica, di un progetto collettivo ormai impensabile: sono molti gli elementi di continuità che si possono rintracciare nei romanzi di Pecoraro, oltre che sul piano dei contenuti su quello dello stile, che sistematicamente intreccia racconto e riflessione, voci dei personaggi e disincantate denunce dell’autore, insofferente di distinzioni rigide fra discorso letterario e saggistico, fiducioso delle potenzialità critiche della narrativa.

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Fra estraneità e supponenza

Giorgio Caravale, Senza intellettuali. Politica e cultura in Italia negli ultimi trent’anni, Laterza 2023 (pp. 159, euro 18)

E tutti i libri che si vedono sui banchi delle librerie? libri densi di pensiero critico sulla politica e l’economia, i costumi e le mentalità, le disuguaglianze e l’ambiente? Che chi ha poteri per decidere non ne tenga conto è un fatto; un altro è che comunque non manchino intellettuali colti e impegnati. È questa la reazione, legittima, che possono a volte suscitare le denunce o le lamentazioni sulla scomparsa, o peggio: il silenzio, degli intellettuali. Una reazione che non ha però motivo di prodursi leggendo questo libro. Perché non sono tanto le manchevolezze o l’ignavia degli intellettuali l’oggetto del discorso (anche se ce n’è anche per loro), quanto il loro discredito presso politici che hanno ben poco accreditamento di cui potersi vantare. Risultato: il ritiro, da parte degli uomini di cultura, da ogni forma di politica attiva o quantomeno la rinuncia a cercare comunque un’interlocuzione fra gli amministratori della cosa pubblica.

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Un apologo sorridente della vita ridotta all’essenziale

Sara Baume, L’occhio della montagna, NNE 2023 (pp. 208, euro 18)

Non avevano niente da dimostrare, né agli altri né a sé stessi, lui e lei. Semplicemente, essendosi casualmente conosciuti, e piaciuti, hanno deciso di mollare tutto, città, lavoro, genitori e fratelli, e trasferirsi in un posto non lontano ma sperduto abbastanza, in una casa provata dal tempo ma ben collocata, vicina alla costa e ai piedi del monte che, come un “occhio colossale”, “stava di guardia al cielo al mare e alla terra”. Non avevano pretese del resto, Bell e Sigh, essendo entrambi giunti, benché ancora giovani, alla conclusione che “l’unica esistenza appropriata fosse quella che lascia meno tracce possibili, e progressivamente scompare”. L’uno a l’altro “curiosi di vedere cosa sarebbe successo se due misantropi solitari avessero provato a vivere insieme”. E dunque si sentono capaci di “inaugurare” una nuova famiglia – loro e i due cani che li accompagnano–, “senza regredire agli obblighi di       fare regali,      partecipare a riunioni,      o amare”. (Non sono errori tipografici gli spazi che spesso separano più del dovuto le parole: quella di Baume è una prosa che, soprattutto nella chiusa dei brani nei quali il testo si articola, assume movenze poetiche, come a suggerire dei fermoimmagine che inducono un rallentamento nella lettura).

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Scrivere, leggere / Andrea Bajani

“Ho sempre pensato, nell’atto di scriverlo, che ogni mio libro sarebbe stato l’ultimo. Lo pensavo lungo tutto il percorso e, se possibile, con ancora più lancinante lucidità quando l’ho finito. Dopo questo libro, basta. Non scrivo più. Questa frase, che ogni volta ho pronunciato solennemente a me stesso, mi ha sempre dato sollievo e messo col piede sulla soglia di un’inquietudine estrema”.

Luoghi piante animali uomini / Pierre Bourrigault

“Furiu è invisibile. O meglio, sottrae materia agli oggetti. Così anziché essere seduto sul divano – troppo facile constatarlo – potremmo accettare l’idea che ritagli la sua superficie. Quindi dove c’è lui non c’è il divano. Ma, in effetti, Furiu ha il dono di non esserci. O dona il non essere alle cose. Comunemente si sente dire che il cane dà pienezza e senso alle nostre vite. Ma se capovolgessimo la questione? Se il cane conferisse vuotezza e nonsenso alle nostre esistenze? In fondo un cane, col suo star lì a guardarci mentre noi corriamo nella vita, col suo sistematico non fare, è un atto d’accusa verso qualunque fine e qualunque impegno. Il cane, seduto sul divano, è il maestro dei distacchi”.

Una solidarietà muta

Maylis de Kerangal, Fuga a est, Feltrinelli 2023 (pp. 95, euro 12)

Coscritti, giovani chiamati alle armi che viaggiano sulla Transiberiana, il treno che percorre lentissimo, accumulando ritardi su ritardi, i novemila chilometri fra la capitale russa e Vladivostok: “vengono da Mosca e non sanno dove vanno, nessuno gli ha detto nulla”. Tra loro Alëša, vent’anni. Se ne sta nell’ultimo vagone, “la fronte premuta contro il vetro posteriore del treno, quello che dà sui binari” e guarda la “steppa viola e lanosa – il suo paese di merda”. Basta questo per farci capire: lui è uno dei tanti che “ha pensato di riuscire a evitare il servizio militare, a fregare il sistema e farsi esonerare”, “a Mosca non c’è un solo ragazzo tra i diciotto e ventisette anni che non provi a fare lo stesso”. E già qui la figura di Alëša, appena incontrata – siamo alle prime pagine – ci fa pensare a ragazzi come lui, quelli che Putin ha mandato in Ucraina, anche se questo libro, in Francia, è uscito undici anni fa, nato oltre tutto dalla riscrittura di un radiodramma che l’autrice aveva composto l’anno prima, dopo un viaggio sulla Transiberiana, invitata come altri scrittori francesi in Russia, mentre colleghi russi lo erano in Francia.

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Una passione persuasiva

Eugenio Borgna, Mitezza, Einaudi 2023 (pp. 114, euro 12)

“Mitezza è la capacità di cogliere che nelle relazioni personali – che costituiscono il livello propriamente umano dell’esistenza – non ha luogo la costrizione o la prepotenza ma è più efficace la passione persuasiva, il calore dell’anima”. Borgna parte dalle parole di Carlo Maria Martini per definire le “possibili articolazioni” di questa “esperienza umana così importante, e così dimenticata”. E così quotidiana, se lo si volesse: “Talora non ci rassegniamo a che sia l’altro a concludere il discorso e vogliamo per noi la battuta finale. Sarebbe bello imparare la beatitudine di chi, a un certo punto, sa tacere nell’umiltà lasciando che l’altro magari prevalga, perché non è poi così importante spuntarla”.

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Il tempo, la vita, gli altri / Anonimo (terzo millennio a.C.)

“Perché, Gilgamesch, sempre insegui il dolore? Ti sei affannato. E che cosa hai ottenuto? L’uomo si spezza come canna in un canneto. Il giovane avvenente, la bella fanciulla, la Morte li ghermisce! Mai nessuno vede la morte! Gli dei sia la Morte sia la Vita han decretato, ma il giorno della Morte non rivelano… All’improvviso non c’è più nulla”.

Storie di cani e padroni

Regina Ezera, L’uomo ha bisogno del cane, Finis Terrae 2023 (pp. 134, euro 14)

La domanda – cui il titolo risponde affermativamente – la incontriamo già nelle prime pagine: “A cosa ti serve un cane?”, domanda il vecchio che cerca un compratore dei suoi quattro cuccioli. “Ho bisogno di qualcuno che mi venga appresso”, risponde il possibile acquirente, un ragazzo. Ma anche per il proprietario, questi cagnolini non sono solo cose di cui disfarsi. Li vende, sì, ma preoccupandosi del loro destino, resistendo alla richiesta del tizio che col suo fare dimostra di non essere “adatto all’alto compito di essere il padrone e l’amico di un cane”. Ma fa freddo, molto freddo, e di quei pochi soldi il vecchio ha bisogno per poter tornare a casa, riscaldarsi, bere un grog…

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Scrivere, leggere / Paul Auster

“Ero arrivato a un punto tale di consapevolezza da essere in qualche modo convinto che ogni romanzo andasse tutto quanto risolto in anticipo, che ogni sillaba dovesse spandere un’eco filosofica o letteraria, che un romanzo fosse una grande macchina di pensieri ed emozioni analizzabili fino ai fonemi di ogni singola frase. Un’esagerazione. Non mi ero reso conto che l’inconscio ha un ruolo molto ampio nella creazione di una storia. Non avevo ancora afferrato l’importanza della spontaneità e dell’ispirazione improvvisa. Ci ho messo molto a imparare che la mancanza di comprensione rispetto a quello che stiamo facendo può essere utile quanto sapere cosa stiamo combinando”.

L’apocalisse prossima ventura

Nouriel Roubini, La grande catastrofe. Dieci minacce per il nostro futuro e le strategie per sopravvivere, Feltrinelli 2023 (trad. Giancarlo Carlotti, pp. 314, euro 22)

Noto per essere stato l’unico economista, almeno fra quelli quotati internazionalmente, a prevedere la crisi del 2008, Roubini non perde occasione per proseguire il discorso allora coraggiosamente avviato e ampiamente criticato dal consesso di Davos: “Se tutti quanti nel gruppo di Davos – non esita ad affermare – credono che succederà qualcosa di bello o di brutto, è assai probabile che si sbaglino”. Con l’aggravante che si guarderanno bene, poi, dal ravvedersi, in forza di un “giudizio umano bacato” che impedisce a chi detiene le leve dell’economia di “frenare le tendenze suicide” insite nel “ciclo di boom-e-declino” che segna la storia economica dalla Grande depressione ad oggi. È anche un libro di storia, questo, di storia del malgoverno o del non governo dell’economia ad ogni livello, nazionale e sovranazionale.

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La rivoluzione della sufficienza

Wolfgang Sachs, Economia della sufficienza. Appunti per resistere all’Antropocene, Castelvecchi 2023 (pp. 76, euro 12,50)

“La ‘rivoluzione dell’efficienza’ rimane cieca se non è accompagnata da una ‘rivoluzione della sufficienza’”: l’enunciazione generale si chiarisce se si pensa alle automobili di oggi, sempre più veloci, ed efficienti appunto, ma, anche, sempre più numerose, al punto che la rapidità degli spostamenti che potrebbero garantire è in gran parte contrastata dall’intralcio del traffico urbano, che rappresenta una quota pari all’80 per cento dell’uso complessivo che facciamo delle auto. Senza contare il nesso tra velocità e inquinamento. E allora: perché non costruire mezzi che non superano i cento chilometro orari? E invece no: si continuano a sfornare “velocimobili” costrette poi a non superare i 25 km/h, in una logica – si fa per dire – che somiglia a quella di chi si munisce di una motosega per tagliare il burro.

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Luoghi piante animali uomini / Julian Barnes

“Le autorità medievali portavano gli animali in tribunale e ne valutavano seriamente i crimini; noi li mettiamo in campi di concentramento, li riempiamo di ormoni e li facciamo a pezzi in modo da ricordarci il meno possibile che una volta pigolavano o belavano o muggivano. Quale dei due modi è il più serio? Qual è il più avanzato da un punto di vista morale?”.

La costruzione culturale degli alberi

Zenon Mezinski, L’albero nella pittura, Einaudi 2022 (pp. 204, euro 48)

Prima gli animali, poi gli alberi. Per la maggior parte di chi ha via via acquisito una “coscienza ecologica” la non scontatezza e la problematizzazione della presenza delle piante sono venute dopo che un nuovo sguardo si era posato sugli animali. La sedentarietà dei vegetali ha cessato di apparire una mancanza in confronto con la mobilità degli animali, rivelandosi oltre tutto un’apparenza, il modo di manifestarsi di una lentezza che non è immobilità, così come vegetale ha smesso di suonare come sinonimo di insensibile, o di ottuso, privo di qualsiasi moto di pensiero: l’intelligenza degli alberi, o addirittura il pensiero delle foreste, sono ormai temi di divulgazione.

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Kafka rivisitato

Moshin Hamid, L’ultimo uomo bianco, Einaudi 2023 (pp. 132, euro 16)

Quando Gregor Samsa si svegliò un mattino da sogni inquieti, si trovò trasformato, nel proprio letto, in un immenso insetto. /“Un mattino Anders, un uomo bianco, si svegliò e scoprì di essere diventato di un innegabile marrone scuro” (e del resto anche Gregor “si vedeva la pancia marrone”).
Impossibile non avvertire echi del più famoso racconto kafkiano in questo che si è cominciato a leggere. In entrambi i casi, i protagonisti si guardano attorno cercando nella familiarità del luogo una smentita della terribile scoperta appena fatta: “Il bagno – di Anders – era familiare nel suo confortante squallore”, così come la camera era lì tranquilla con i suoi quattro muri ben noti a Gregor. Senonché, mentre questi non sembra atterrito dalla propria metamorfosi o, quantomeno, il si direbbe tenti da subito di farci i conti, pur continuando a pensare a sé stesso come al commesso viaggiatore che è sempre stato, Anders si ribella: “la faccia che aveva sostituito la sua lo riempì di rabbia (…).

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Un’erosione culturale

Gian Luigi Beccaria, In contrattempo. Un elogio della lentezza, Einaudi 2022 (pp. 112, euro 12)

Si dice velocità e subito si pensa ad aerei e a internet, al presente insomma, ma occorre riflettere: senza la velocità “non avremmo capolavori come Le nozze di Figaro” e molta altra musica del passato, né avremmo avuto le fiabe, non a caso indicate dal Calvino delle Lezioni americane come esempi di “rapidità”. Non è con questo genere di celerità che l’autore si pone “in contrattempo”, ma con quella che, estendendosi al leggere come allo scrivere, e conquistando il lettore quanto l’autore, “sta dando luogo a un’erosione culturale la cui portata ancora non siamo in grado di valutare”. La velocità, nella sostanza, non è sempre sinonimo di guadagno, ma comporta una perdita secca anche se non facilmente definibile.

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Il tempo, la vita, gli altri / Fernando Aramburu

“Ho accettato il fatto che è un impegno vano cercare di vivere nei pensieri e nei ricordi altrui. Noi che non abbiamo fatto cose rilevanti nella vita, ci dissiperemo via via che si spegneranno le poche menti in grado di evocarci. Dopo morti saremo un nome su una lapide che un giorno forse non lontano non significherà nulla per nessuno, che scomparirà anch’essa per far posto nel cimitero ad altri defunti. È ben vero che la Storia preserva alcuni nomi che magari di danno l’illusione che qualcosa di umano possa perdurare. Sciocchezze. Metto in dubbio che qualcuno conservi una briciola di vita autentica per il fatto di essere studiato, di dare un nome a una strada o di meritare una statua nel parco”.