Era solo un mucchietto di stracci, ossa, vermi e carne putrescente. Avviluppato, in una pozza di acqua stagnante, tra rami e foglie trasportate dal torrente. Macerato dall’acqua di quell’autunno poco piovoso, consumato dagli insetti, addentato da qualche selvatico che ne aveva approfittato.
Se non fosse stato perché sapevamo cosa avremmo potuto trovare, forse non avremmo capito.
Se non fosse stato per quell’odore, intenso e nauseabondo, l’odore della putrefazione, forse saremmo passati oltre.
Eravamo in cinque: Gigi, Mario, Paso, Beppe e io.
Ci eravamo dati appuntamento quella domenica di ottobre.
“Allora, ci vediamo alle 14 al Rifugio, risaliamo il torrente e vediamo cosa troviamo”.
Un pallido sole intiepidiva l’aria e illuminava il fogliame giallastro-arancione, in gran parte non ancora caduto dagli alberi.
Ce lo aveva chiesto la Terry. Lei e Berto erano sicuri che lo avremmo trovato. Vecchi sì, ma non rincoglioniti, come avevano invece pensato polizia e carabinieri.
E poi, i cacciatori lo dicevano anche loro che c’era qualcosa che non andava. Quell’odore di putrefazione faceva impazzire i cani, che non erano più buoni di seguire le tracce dei cinghiali. Anche se Terry glielo aveva chiesto, figurati se erano disposti a perdere mezz’ora per andare a vedere cosa c’era. Metti che si rovina il fiuto ai cani…
Terry e Berto lo avevano visto una decina di giorni prima. Era passato fuori dal Rifugio, vestito leggero, con dei sandali ai piedi. Un’aria un po’ stranita.
Lo avevano salutato. Quasi non aveva risposto.
“Dove va? È tardi e fa freddo. Venga che le prepariamo un caffè”.
Un gesto di diniego, qualche mezza parola borbottata, e aveva proseguito oltre, seguendo la traccia di un sentiero che quasi non esiste più e che per un tratto segue il torrente della Val Fredda.
Avevano aspettato che tornasse indietro, fino a quando non aveva iniziato a fare scuro. Lo avevano chiamato. Nessuna risposta.
“Chissà, sarà andato via da dietro la casa”.
“Sarà sceso per l’altro sentiero, senza passare davanti al Rifugio”. “Magari non voleva parlare con noi…”.
Qualche giorno dopo la Terry vede un trafiletto sul giornale.
I parenti cercano un uomo, se ne è andato dallo Psichiatrico, come già altre volte, ma questa volta è differente. Di solito dopo due o tre giorni lo ritrovano. Questa volta no. Per questo chiedono notizie. Invitano a fornirle alle Forze dell’ordine o allo Psichiatrico.
Una foto in bianco e nero…
“Ma sì, è lui. Lo riconosco. Sono quasi sicura”.
E allora chiama lo Psichiatrico. ”Grazie signora, ma non si preoccupi, lo troveremo come al solito alla Stazione di Milano. Gli piacciono i treni. E fino ad ora lo abbiamo sempre trovato lì.”
Telefona alle Forze dell’ordine. Stessa risposta. “Brava signora – la solita vecchietta rompi coglioni… -, prendiamo nota. Non si preoccupi. Lo troveremo come al solito. L’odore? Sarà un animale ferito dai cacciatori che è andato a rintanarsi per morire. Capita di questa stagione. Grazie, grazie… Arrivederci”.
E nessuno sale in Valle per vedere se c’è qualche cosa di vero, se c’è qualche traccia.
Ma la Terry non si dà per vinta. Sa di aver ragione.
Richiama, ma nessuno le dà ascolto. Anzi, forse si incominciano anche a scocciare. Sempre più freddi e spazientiti al telefono.
Ma i cacciatori che si lamentano e Berto che le dà ragione la convincono ancora di più di aver visto giusto.
Alla fine chiede a noi.
Forse non siamo proprio convinti, anche noi pensiamo a qualche animale morto, non sarebbe la prima volta, ma come si fa a dire di no alla Terry.
Se dice che è sicura, bisogna andare a vedere.
Ci organizziamo. Ognuno di noi porta un po’ di attrezzatura, non si sa mai dove andremo a infilarci. Ci sono anche grotte e buche profonde da queste parti.
Gigi, al centro, risalirà lungo il corso del torrente. Paso e Beppe sul versante sinistro, Mario e io sul versante destro.
Risaliamo faticosamente, perché il sentiero finisce presto e in alcuni punti la scarpata è scoscesa e la vegetazione fitta.
Ma l’odore, trasportato dall’acqua putrida, è sempre più forte.
Dopo dieci minuti Gigi grida: ”È qui! L’ho trovato!”. Ci caliamo dalla scarpata e lo raggiungiamo.
Non è la prima volta, almeno per alcuni di noi, che ci troviamo davanti ad un cadavere. Chi perché è stato volontario in Bosnia, chi perché è stato con la Protezione Civile.
Ma non serve. Non ci si abitua. Mai. Soprattutto se non lo fai per mestiere.
Non c’è nulla di eroico nel trovare il cadavere di una persona morta da più di 10 giorni. L’unica cosa a cui pensi in quel momento è all’odore aspro, agrodolce e nauseabondo, che ti penetra nel cervello, che ti attanaglia lo stomaco, che ti fa passar la voglia di respirare.
Gigi tira fuori dallo zaino il barattolo di Vicks Vaporub. Un toccasana in questi frangenti. Lo spalmi abbondantemente sotto al naso e ritorni a respirare e a ragionare. A vedere quel mucchietto di stracci, ossa, rami e foglie per quello che sono: un uomo.
A questo punto, come direbbe il commissario Montalbano, bisogna “… far partire il circo”. Forze dell’ordine, sanitari, medico legale, magistrato, ecc.
Ma qui non è una fiction, qui è la realtà. Qui no. Qui giace un uomo, un uomo vero, dimenticato da chi lo aveva in affido e che ora diventa un nuovo impiccio per tutti.
“Ma proprio lì doveva andare a crepare, in culo al mondo? E proprio di domenica quei cinque coglioni dovevano andare a cercarlo?”
Nei telefilm è questione di minuti. Qua, invece, diventa una storia infinita. Chiamiamo il 118. Non c’è campo.
In tre risaliamo la scarpata per telefonare e andare incontro a chi, pensiamo, accorrerà celermente: c’è in ballo un morto, non è cosa da poco.
Gigi e Beppe restano a presidiare il corpo.
Finalmente c’è campo. La solita indispensabile trafila, ma il problema più grosso è spiegargli dove siamo. Non ci sono ancora gli smartphone con il Gps, devi andare per toponimi e indicazioni stradali… Finalmente capiscono.
Noi dobbiamo solo presidiare il luogo, non toccare nulla e mandare qualcuno incontro a chi deve intervenire. Adesso è tutto nelle mani delle istituzioni. Noi dobbiamo fare un passo indietro.
Mario, che previdentemente è salito con la moto, scende a Valle. È solo poco più di un chilometro, ma chi non conosce la zona…
Paso e io attendiamo al Rifugio. Faremo da guide a chi interverrà.
Ma non arriva nessuno. A Valle Mario sta ad ascoltare, un po’ basito, Polizia e Vigili Urbani. Non sono attrezzati e discutono su di chi sia la competenza dell’intervento. Nessuno di loro ha voglia di infilarsi su per boschi e sentieri.
Intanto mandano avanti quelli della mortuaria. Arrivano con il loro furgone. Sono tre volontari. Il più esperto è uno studente di Medicina. Tra loro uno nuovo, ha appena finito il corso, è il suo primo intervento. Fa anche un po’ lo spavaldo. Forse è la tensione. Prendono la loro attrezzatura e li conduciamo sul luogo del rinvenimento. Ma anche loro devono aspettare. Non possono rimuovere nulla. C’è di mezzo un morto. Bisogna attendere. E vai con il Vicks Vaporub!!!
Alla fine, tra comunicazioni con le centrali e discussioni varie, Polizia e Vigili Urbani trovano una soluzione salomonica. La competenza è… della Forestale, che vince la nobile gara. Soprattutto perché non è presente. Non sa nemmeno di aver partecipato…
Ma la Forestale, in città, di domenica, ha solo un piantone, che non può lasciare la postazione. Le altre guardie sono già rientrate a casa. In periodo di caccia sono in giro da prima dell’alba. Un momento, però. È in corso l’operazione “Pettirosso” contro i bracconieri. C’è una squadra di Roma che sta operando in Valtrompia e non è ancora rientrata.
Mario passa ai poliziotti il nostro numero di cellulare, metti che serva… Lo comunicano alla Forestale, e se ne vanno. Loro lì, hanno finito. Il caso è risolto. Non è più di loro competenza.
Intanto, su in Valle, vicino al cadavere, tra noi c’è silenzio, quasi imbarazzato.
Siamo lì, davanti ad uno sconosciuto morto. L’atmosfera è pesante. Non hai proprio voglia di parlare del più e del meno.
Ma pregare non è nel nostro registro, o perlomeno, non nel mio.
Il pensiero, e qualche parola, vanno a quell’uomo dimenticato da quasi tutti. Chi eri? Cosa ci facevi qui? Cosa cercavi? Sei caduto o ti sei buttato? Perché nessuno ha dato ascolto a Terry? Non eri abbastanza importante? Perché non arriva nessuno? Non sei abbastanza importante neanche da morto?
“Mi passi il Vicks Vaporub, per favore?”
E intanto il tempo passa. Sono già trascorse più di due ore da quando lo abbiamo trovato. Della Forestale nessuna traccia.
Finalmente una chiamata. È Mario. La Forestale Forestiera, non conoscendo la zona, si è persa, e vaga in cerca di indicazioni. Alla fine, Mario, con la moto li va a recuperare e li porta li.
Sono cinque o sei, stanchi (sono in giro da prima dell’alba), affamati, senza alcuna attrezzatura (nemmeno le torce elettriche) e sta iniziando a imbrunire.
Vicks Vaporub per tutti, altrimenti non si riesce nemmeno a parlare.
La faccio breve. Il magistrato di turno (me lo immagino, con la vestaglia da camera in cashmire, seduto su una poltrona che sa di cuoio vecchio e tabacco, nello studio di casa, circondato da polverosi libri di legge) non ha voglia di venire fino a li. Per che cosa, poi? Un matto che ha avuto la bella idea di andare a crepare in quel posto del cavolo?
“Vi mando il medico legale”, dice all’ufficiale della Forestale. “Se lui vede che è tutto regolare vi do il nullaosta. Altrimenti vediamo cosa dice”.
E il medico legale? Quando arriva? Dopo un bel po’ ci avvisano che è al Rifugio. Ma, vestita della festa e con le scarpe con i tacchi, non si sogna nemmeno di venire fino a lì. Già per arrivare al Rifugio in auto ha brontolato. E poi? “Mica mi toccherà scendere dalla scarpata? Siete matti anche voi?”.
Lunga telefonata a tre. Magistrato, medico legale e ufficiale della Forestale.
Se l’Ufficiale dichiara che non ci sono elementi che ostano (insomma, deve assumersi la responsabilità di dire che non è stato un omicidio, né un suicidio, ma un incidente), il magistrato darà il nullaosta alla rimozione. Dopo di ché il medico legale esaminerà il cadavere e trarrà le sue conclusioni. Naturalmente, nulla osta… vuoi metterti a fare Poirot proprio adesso che è tardi e sei affamato?
Rimuoverlo… È quasi buio. Bisogna spicciarsi, perché le torce elettriche le abbiamo portate solo noi. Mortuaria e Forestale non hanno avuto il tempo di organizzarsi.
La Mortuaria tira fuori il sacco nero. Noi il Vicks Vaporub.
L’ufficiale della Forestale inizia a estrarre dal groviglio di rami le parti di cadavere (grazie ai guanti gentilmente offerti da noi…), ma il primo intoppo è che uno dei volontari della Mortuaria, alla sua prima uscita, quando Mario gli passa il teschio capelluto, ha un mancamento e va giù come un sacco vuoto, poveraccio. Certo non è un bel modo per iniziare. Forse è meglio se cambia servizio.
Ho portato cordini e moschettoni, con cui imbraghiamo il sacco. Altrimenti col cavolo che risaliamo la scarpata.
Naturalmente, chi porta il corpo? I Forestali fanno capire che non tocca a loro. Quelli della Mortuaria sembrano un po’ imbranati, abituati ai morti in città, quelli comodi comodi che vanno a crepare sull’asfalto, mica nei dirupi.
Mario e Paso. Sono i più forti. Sanno bene che del nostro gruppo sono loro quelli in grado di farlo.
Io faccio strada con la torcia elettrica.
Finalmente, faticosamente, risaliamo la scarpata e arriviamo al Rifugio che è già buio da parecchio tempo.
Mario e Paso depositano il sacco con il cadavere vicino al furgone della Mortuaria. Hanno fatto una faticaccia… “a peso morto” non è solo un modo di dire…
Compare il medico legale, una cinquantina truccata e ben vestita, visibilmente scocciata, che ha già compilato un generico referto. Non apre nemmeno il sacco (potrebbe esserci dentro un cinghiale che non se ne accorgerebbe nemmeno). Lo fa appiccicare sul sacco e se ne va in gran fretta.
Ormai sono passate le otto di sera. È buio. L’ufficiale della Forestale ci “chiede” di non andarcene ma di riunirci nel Rifugio per stendere il verbale.
Si dirigono tutti al Rifugio. Io resto. Sto recuperando i moschettoni e avvolgendo i cordini.
Sono sconfortato. Non una parola, non un cenno di pietà né da parte dei Forestali, né del medico, né del magistrato…
“Sei stato proprio un grande scocciatore, per questi qua”, penso.
Mi chino sul sacco. Appoggio una mano e, sembrerà sciocco, gli parlo.
“Ciao. Non so nemmeno come ti chiami. Ma sono contento che noi non ti abbiamo abbandonato. Ormai fai parte di questi luoghi, della nostra storia. Buon viaggio.”
Alle dieci arrivo a casa. Mariangela e i bambini, sovraeccitati, mi stanno aspettando. Hanno fiutato l’”Avventura”.
Ma quando vedono i miei vestiti lerci, gli scarponi intrisi di liquame perché sono stati per ore immersi in quell’acqua putrida, io che puzzo in modo indescrivibile (ma tra assuefazione e Vicks Vaporub non me ne accorgo nemmeno), il mio sguardo triste … restano ammutoliti.
“Ci racconterai domani. Adesso vai a lavarti e mangia”. “No. Vi racconto adesso. Non dobbiamo dimenticarlo…” “Era solo un mucchietto di stracci, ossa e…“
Valle di Mompiano, 2003/2018
Ti dico solo che mi commuove, il resto sono solo complimenti per la scrittura…