Ian McGuire, Le acque del Nord, Einaudi 2018 (pp. 278, euro 19,50)
“Azzanna il mondo come un cane morde l’osso. Niente gli è oscuro, niente è alieno ai suoi foschi e feroci appetiti”: è Henry Drax, il personaggio che irrompe nelle prime pagine di questo romanzo, che da subito attirano il lettore in un mondo dai colori lividi e dagli odori sgradevoli fino alla nausea.
Qualcuno ha evocato Dickens, Conrad, e naturalmente Melville (essendo quello della caccia alle balene l’ambiente in cui la storia si svolge): richiami pertinenti, a patto che ciascuno di questi autori sia rivisitato secondo un gusto pulp che sconfina spesso nell’horror. Eppure, la storia non è priva di elementi letterari e di riferimenti psicologici di spessore, così come la scrittura è precisa, efficace, ricca di immagini e capace di sintesi folgoranti. Anche perché a Drax, personificazione del Male e di una disumanità che non conosce sensi di colpa o tentennamenti dettati dalla compassione, subentra dal secondo capitolo e tiene a lungo la scena Patrick Sumner. Non il buono contrapposto al cattivo: anche in Sumner – medico con un passato in India che nell’imbarco su una baleniera diretta nel mare artico cerca di cancellare la sua vita precedente – si annidano ombre e s’è ormai radicato un pessimismo senza ritorno: “contano solo le azioni, solo gli eventi. (…) Pensare troppo è un grave errore. La vita non è decifrabile, non si può assoggettarla a forza di chiacchiere, occorre viverla, sopravviverle, in tutti i modi possibili”. Il che non toglie che lui tenga nella sua cuccetta una copia dell’Iliade, e – quando non è sotto l’effetto del laudano, al quale da oppiomane incallito è uso ricorrere – legga attentamente quel libro, lasciando credere agli altri di essere intento a pregare.
La navigazione si svolge in un ambiente via via più ostile, e gli avvistamenti sono rari. I tempi sono critici per i balenieri, soprattutto per quelli che non dispongono di una nave a vapore e lanciarpioni moderni, e del resto – siamo all’inizio della seconda metà dell’800 – “l’olio di balena non lo vuole più nessuno. Sono tutti pazzi per il petrolio e per il gas illuminante”. Questo non impedisce che la caccia si svolga, dando adito ad alcune fra le scene più feroci: dalla strage di foche, i cui piccoli vengono uccisi a bastonate, a quella di una balena che, morendo dopo una lunga lotta, crivellata dagli arpioni, “spruzza in aria un alto pennacchio di sangue cardiaco e poi si inclina su un fianco, la grande pinna sollevata come una bandiera di resa.”
A lungo mimetizzato fra i marinai dell’equipaggio, Drax riappare, e il suo ritorno coincide con la fine di un giovane mozzo, violentato, strangolato, cacciato a forza in fondo a un barile: uno Stevenson alla rovescia, in cui il ragazzo (viene alla mente il Jim dell’Isola del tesoro), non trova in quel nascondiglio l’occasione per smascherare gli ammutinati e divenir protagonista della storia, ma la propria tomba, misera e puzzolente. Proprio il dottore, Sumner, riesce a dimostrare che Drax e non altri è il perverso assassino del povero Joseph, ma a questo punto è l’imprigionamento della nave fra i ghiacci a balzare in primo piano, e qui il racconto sembra prendere a prestito più di un elemento da un altro romanzo, La scomparsa dell’ Erebus di Dan Simmons, del 2007, la cui vicenda ha guadagnato notorietà soprattutto grazie alla serie televisiva che ne è stata tratta e diffusa pochi mesi fa: The Terror.
E’ questo riferimento a rendere ancor più evidente come lo stile della narrazione sia assimilabile a quello di una sceneggiatura, condotta com’è sempre al presente, per frasi brevi, secondo un modulo descrittivo che richiama la distanza imperturbabile dell’occhio della cinepresa.
Un romanzo che si direbbe prefiguri la propria mise en scène, dunque; fedele alle regole della narrazione per immagini anche nel riproporne puntualmente di forti e coinvolgenti, fino alla fine, quando la storia sembrava ormai conclusa e trova invece un ulteriore imprevisto, intrigante sviluppo.
Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora