Eugenio Borgna, Mitezza, Einaudi 2023 (pp. 114, euro 12)
“Mitezza è la capacità di cogliere che nelle relazioni personali – che costituiscono il livello propriamente umano dell’esistenza – non ha luogo la costrizione o la prepotenza ma è più efficace la passione persuasiva, il calore dell’anima”. Borgna parte dalle parole di Carlo Maria Martini per definire le “possibili articolazioni” di questa “esperienza umana così importante, e così dimenticata”. E così quotidiana, se lo si volesse: “Talora non ci rassegniamo a che sia l’altro a concludere il discorso e vogliamo per noi la battuta finale. Sarebbe bello imparare la beatitudine di chi, a un certo punto, sa tacere nell’umiltà lasciando che l’altro magari prevalga, perché non è poi così importante spuntarla”.
È infatti nel rapporto con gli altri che si misura la mitezza, accostabile ma non assimilabile alla mansuetudine: questa infatti, secondo Norberto Bobbio, “è più una virtù individuale, la mitezza più una virtù sociale”, politica, si sarebbe tentati dire, essendo che “la mitezza è attiva, la mansuetudine è passiva”. Attiva ma non aggressiva, la mitezza è lontana anche dall’indifferenza, essendo sempre “ricerca di quello che ci unisce al di là di ogni diversa opinione”. In ciò richiamando, occorre dirlo, “un mondo della vita alternativo a quello della politica”, della politica intesa come la pratica e la qualità dei rapporti di cui ci tocca essere testimoni.
Ma la mitezza è un po’ come il coraggio, non la si può possedere solo perché lo si vorrebbe, “la mitezza è congenita”, sostiene la poetessa Vivian Lamarque, e sembra ammetterlo lo stesso Bobbio, autore di un Elogio della mitezza cui Borgna attinge ripetutamente: “Mi piacerebbe avere la natura dell’uomo mite. Ma non è così. (…) amo le persone miti, questo sì, perché sono quelle che rendono più abitabile questa ‘aiuola’”.
Modo di rapportarsi al prossimo, la mitezza è comunque, o dovrebbe essere, anche regola da osservare nei propri confronti, in quanto “accettazione di quello che noi siamo, delle nostre fragilità e dei nostri limiti”, e dunque via maestra, in questo senso, per “accettare le fragilità e i limiti degli altri”.
Come la mitezza, così la virtù contermine della gentilezza appare oggi “inattuale, nostalgica, e in fondo inutile”, quando è invece, proprio “nella situazione storica attuale”, “una fedele compagna di strada nell’arginare la solitudine, e l’angoscia”.
Simone Weil, Hofmannstahl, Hölderlin, Dostoevskij, Rilke e gli altri immancabili autori di riferimento segnano in contrappunto il discorso riproponendoci l’argomentare per analogie e richiami cui Borgna, letterato sensibile e analista consumato del disagio mentale, ci ha abituato in altri suoi libri, come La nostalgia ferita (in queste note nel maggio 2019). Ad arricchire la costellazione di autori in dialogo sono qui molti italiani, poeti: oltre a Leopardi e Pascoli, anche Antonia Pozzi, e Sergio Corazzini, di cui restano in mente i versi dedicati a un animale che della mitezza è immagine, l’agnello: “Gli occhioni dolorosi /volge senza belare / e pare non osi / perdono domandare”.
Questo testo compare anche nel sito della nuova libreria Rinascita di Brescia, alle cui attività culturali Carlo Simoni collabora.